Solo chi è povero sa amare i poveri

La messa celebrata dal Papa nella Giornata mondiale dei poveri (15 novembre)
19 novembre 2020

Per testimoniare è sempre necessario aver ascoltato e aver visto. Una testimonianza credibile è sempre un raccontare e il racconto è impregnato di occhi stupiti e contemplativi e di orecchie capaci di ascoltare dalla vita delle persone l’opera di Dio. Direi questo, innanzitutto, a proposito dell’esperienza della Giornata mondiale dei poveri celebrata domenica scorsa. Posso raccontare che la sollecitudine della Chiesa per i poveri che vivono in questa periferia a sud-est della Capitale, dove sorge la mia parrocchia, è aver visto qualcosa di reale; ossia è reale ciò che la liturgia della Chiesa prega dicendo «Ai poveri (Gesù) annunziò il Vangelo di salvezza... e agli afflitti la gioia», perché la preghiera si trasformi in realtà concreta e vera. Vedere arrivare tante cose materiali per i poveri significa toccare con mano che il Vangelo è davvero una buona notizia per loro. Sì, perché la povertà non è una realtà temporanea della vita di alcune persone da cui farle guarire il prima possibile; ritengo, invece, che il povero sia una persona da sopravvalutare per amarlo davvero. Amarlo come un mistero, cioè come persona che non si risolve nella realtà della povertà che vive; è, invece, una persona che è molto di più rispetto alla sua situazione materiale.

Che cosa mi hanno testimoniato e insegnato i poveri? Che essere vivi significa scegliere la vita con i suoi limiti, amandola a tal punto da trasformare la propria condizione in occasione per domandarsi ulteriormente il senso della propria situazione e accettando il limite di fronte al quale ognuno di noi viene posto. Chi vede la propria realtà con coraggio evangelico diventa capace di amarla. Evangelizzare i poveri oggi significa, per uno come me, lasciare che chi è povero mi insegni ad amare la sua realtà senza coprirsi gli occhi e averne paura. Quanto è utile questo nella predicazione e nella catechesi, perché il Vangelo sia vivo, anzi perché rende il Vangelo vivo.

Sono convinto che solo chi è povero diventa disponibile e aperto ad amare i poveri. Questo convincimento è frutto di quello che la Scrittura dice di Gesù, il quale «da ricco che era si è fatto povero, per arricchire noi con la sua povertà». Tocco con mano quanto questo sia vero quando ascolto le parole dei volontari della Caritas della mia comunità parrocchiale; raccontano, infatti, che l’incontro con le famiglie disagiate materialmente costituisce per il loro cammino di fede una ricchezza a cui ormai non possono rinunciare; ossia ciò rappresenta un tesoro nascosto, una perla preziosa, per usare il linguaggio evangelico. Mi sembra possibile anche alla luce di quello che Papa Francesco diceva nell’omelia della messa di domenica scorsa per la Giornata mondiale dei poveri, affermando, con speciale profezia, che i poveri sono i banchieri a cui dobbiamo affidare i talenti che ci sono stati consegnati. In questo senso la solidarietà non è semplicemente una eventualità a seconda delle personali sensibilità; è, piuttosto e credibilmente, la certezza che nel «l’avete fatto a me» di Gesù è depositata la verità della vita eterna.

di Marco Gandolfo
Parroco di San Giovanni Maria Vianney, a Roma