Rapporto della Caritas Italiana sul diritto alla casa in Europa

Pochi gli alloggi per tutti

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14 novembre 2020

In Europa, pur nell’ambito di un quadro giuridico di spessore, la casa resta per molte persone una meta difficile da raggiungere e da mantenere. Oltre ventitré milioni di famiglie, circa il 10 per cento della popolazione totale dell’Unione europea, spendono più del 40 per cento del reddito per mantenere la propria abitazione, e quasi nove milioni di famiglie vivono in alloggi inadeguati. C’è poi chi un tetto non l’ha mai avuto: solo in Europa settecentomila persone sono senza dimora e il fenomeno è aumentato del 70 per cento in dieci anni. Sono i dati principali presentati nel dossier «Casa, bene comune. Il diritto all’abitare nel contesto europeo», pubblicato dalla Caritas Italiana in questo anno nel quale si celebrano i settant’anni dalla Dichiarazione Schuman, che ha dato il via al processo di integrazione europea.

Nella cornice giuridica europea, sottolinea l’organizzazione cattolica, il diritto alla casa è di pertinenza esclusiva dei singoli stati. La condizione abitativa nel vecchio continente risulta pertanto eterogenea e diversificata a seconda della situazione reddituale delle famiglie e delle politiche abitative attive, tra le quali l’offerta di edilizia residenziale pubblica svolge uno dei ruoli prioritari. Nonostante alcuni paesi siano maggiormente strutturati rispetto alla dotazione di abitazioni sociali, le difficoltà economiche della crisi del 2008 e la crisi sanitaria dovuta al coronavirus, i cui esiti sono ancora difficili da prevedere, «hanno generato nuove fragilità abitative con differenti intensità». A fianco delle categorie sociali strutturalmente in difficoltà rispetto al tema dell’abitare — aggiunge la Caritas — come immigrati, senza dimora, famiglie con disabili o disoccupati cronici, «si sono aggiunti anziani con pensioni basse, famiglie con figli a carico oppure i cosiddetti working poor, che rischiano sempre più lo scivolamento in povertà con la conseguente possibilità di perdere la casa». Dinanzi a tali problematiche le politiche abitative “classiche” non riescono più a fornire una risposta, soprattutto nei paesi dell’Europa meridionale. Sono comunque presenti nel continente molte esperienze innovative, precisa la Caritas, «da cui trarre utili piste di lavoro per favorire una migliore esigibilità del fondamentale diritto a un degno abitare».

Fra gli Stati europei più sviluppati, l’Italia si distingue, oltre che per una delle più basse quote di edilizia pubblica, anche per una minore dimensione del patrimonio in affitto privato, pilastro dell’offerta in molte altre nazioni e, più in generale, per una scarsa disponibilità di alloggi con costi commisurati ai redditi. Lo Stato italiano, pur detenendo la responsabilità del settore dell’edilizia pubblica in concorrenza con le regioni, non eroga finanziamenti dal 1998. Le poche risorse non consentono una programmazione degli interventi tale da fornire una risposta socialmente significativa. Dal canto loro, le regioni non hanno adeguatamente sostenuto il settore abitativo destinando per lo più le risorse ottenute dallo Stato a situazioni emergenziali o per ambiti circoscritti. «Il modello italiano di privatizzazione del problema abitativo da tempo dimostra profonde strutturali debolezze — denuncia il dossier della Caritas — rivelando un arretramento rispetto a paesi europei dove la maggior parte del parco abitativo è pubblico o sociale, con affitti accessibili». In Italia, denuncia l’organizzazione, «da qualche decennio si spende troppo poco e male per l’emergenza abitativa: non si costruiscono più alloggi sociali o con canoni di locazione sostenibili, non si agisce sull’enorme patrimonio di abitazioni vuote e invendute. La costruzione di case popolari ha spesso marginalizzato le persone in casermoni edificati in periferie lontane e insane».

Secondo il recente «Rapporto sulla povertà ed esclusione sociale in Italia» della Caritas, nel paese oltre 1.800.000 famiglie sono in condizioni di povertà assoluta e chi vive in affitto ha una situazione più critica: sono circa 850.000 le famiglie povere in locazione, quasi la metà di tutte le famiglie povere. I senza dimora sono 51.000 e la loro condizione è stata aggravata dall’arrivo della pandemia. Ogni anno inoltre arriva l’assalto del gelo che crea situazioni ad alto rischio per chi non ha una casa o una sistemazione al coperto e riscaldata. La cosa che balza subito agli occhi in Italia, afferma in conclusione la Caritas, «è che la gran parte delle abitazioni, circa sette su dieci, sono case di proprietà. Siamo tra i paesi europei in cui questa quota è più alta. È un problema? Sì, perché questa situazione crea un mercato poco dinamico, in cui le abitazioni in affitto sono poche e, generalmente, care».

Il dossier si chiude con le parole pronunciate da Papa Francesco in occasione della sua visita alla Casa dell’accoglienza Dono di Maria , il 21 maggio 2013. La “casa”, disse il il Pontefice davanti alle missionarie della Carità, ai poveri assistiti e ai volontari che operano nel centro, «rappresenta la ricchezza umana più preziosa, quella dell’incontro, quella delle relazioni tra le persone, diverse per età, per cultura e per storia, ma che vivono insieme e che insieme si aiutano a crescere. Proprio per questo, la “casa” è un luogo decisivo nella vita, dove la vita cresce e si può realizzare, perché è un luogo in cui ogni persona impara a ricevere amore e a donare amore».

di Charles de Pechpeyrou