«Fratelli tutti» - Per una lettura dell’enciclica di Papa Francesco

Una responsabilità anche per le aziende

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13 novembre 2020

La pandemia che stiamo affrontando dimostra che non possiamo dividerci, non possiamo lasciare nessuno indietro e dobbiamo impegnarci tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità, a costruire un mondo più giusto, equo e sostenibile, superando i muri. È il principale messaggio che Papa Francesco ci trasmette con la sua terza enciclica, Fratelli tutti, che lui stesso definisce «sociale».

Perché le frammentazioni rendono più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti. Problemi globali richiedono soluzioni globali. La risposta del Santo Padre è duplice: serve una società fraterna, da realizzare attraverso la benevolenza, ossia il volere concretamente il bene dell’altro, e la solidarietà, che ha cura delle fragilità. «Prendersi cura del mondo che ci circonda — sottolinea Papa Francesco — significa prendersi cura di noi stessi». Come ha ricordato recentemente il prefetto del Dicastero della comunicazione della Santa Sede Paolo Ruffini «siamo chiamati a occuparci di tutto ciò che riguarda il pianeta, dall’economia all’energia, perché riguarda noi, le nostre radici e i nostri figli».

Esattamente come la Laudato si’, anche questa nuova enciclica è fonte di ispirazione nonché un invito alla riflessione anche per le nostre aziende e per chi ha la responsabilità di guidarle. Perché le aziende hanno un ruolo importante nella società e possono contribuire ad affrontare due dei problemi più importanti che la affliggono: le disuguaglianze e la crisi climatica.

Contrastare le disuguaglianze significa per un’impresa prestare sempre più attenzione alla dimensione sociale, alla “s” dell’acronimo esg, che include anche la dimensione ambientale e quella di governance. Queste tre dimensioni devono essere oggi centrali nelle nostre strategie: il raggiungimento del profitto non può più essere la missione esclusiva di un’impresa, occorre anche prendersi cura dei propri stakeholder (dipendenti, fornitori, clienti, azionisti, comunità e mondo del sociale, territori), agire con fairness — ovvero facendo la cosa giusta — nei confronti delle persone che ne fanno parte, avere uno scopo e contribuire al benessere di lungo termine della società nella quale si opera e alla quale si chiede una licenza a operare. Ciò è diventato ancora più vero dopo l’inizio della pandemia: un recente studio internazionale, ad esempio, mostra che le due principali priorità per le aziende europee oggi, insieme alla lotta al climate change, sono proprio il benessere dei loro dipendenti e l’integrità della catena di fornitura. L’emergenza che stiamo vivendo dimostra come la salute dell’economia, delle persone e dell’ambiente siano ormai strettamente interconnesse.

A proposito di ambiente, come ci ha ricordato la Laudato si’, la lotta ai cambiamenti climatici rappresenta la sfida più importante della nostra generazione. Senza un intervento drastico per ridurre le emissioni di co2, nel 2100 la temperatura media del pianeta aumenterà di quattro gradi: sappiamo che ne bastano solo tre per provocare conseguenze devastanti. Per scongiurare questo rischio, serve un massiccio intervento di decarbonizzazione planetaria, con un approccio sovranazionale e trasversale dei vari settori energetici, in grado di promuovere il lavoro, le attività economiche e migliorare gli standard di vita. Occorre, inoltre, una visione positiva e ottimistica perché spesso il dibattito sulla crisi climatica è caratterizzato da una paura che genera paralisi mentre è la speranza a generare azione.

Le soluzioni per arrivare a un mondo a zero emissioni nel 2050 ci sono, come dimostra la straordinaria crescita della produzione di elettricità da fonti rinnovabili di questi anni e le sue prospettive di sviluppo. Al fianco delle rinnovabili c’è una soluzione di cui si è parlato moltissimo nel corso degli anni ma che mai come oggi è a portata di mano: l’idrogeno. È l’elemento più abbondante dell’universo e si può produrre dall’acqua (h2o) scindendone la molecola in h2 e o attraverso l’elettricità rinnovabile derivante dal sole o dal vento. Già nel 1874, nell’Isola misteriosa, Jules Verne sognava un mondo in cui si potesse produrre energia dall’acqua. L’idrogeno, che dal greco vuol dire “generatore d’acqua”, è facile da trasportare, stoccare, distribuire e utilizzare, con il grande vantaggio di essere illimitato e pulito. Utilizzando le infrastrutture esistenti, può portare le energie rinnovabili in settori complessi da decarbonizzare come l’industria, il riscaldamento e il trasporto pesante, dove l’impiego dell’elettricità può essere più difficoltoso. Snam sta già lavorando, insieme ad altri partner, sui treni a idrogeno, che saranno una delle prime applicazioni di questa tecnologia. Fino a oggi l’idrogeno è stato molto caro, ma grazie ai recenti progressi tecnologici i costi stanno rapidamente scendendo e potrà diventare competitivo con le fonti fossili in alcune applicazioni nel giro di pochi anni. C’è un problema di sicurezza e percezione che va affrontato e risolto e che, in ogni caso, non è diverso da quello di tutte le fonti di energia più mature.

L’idrogeno può essere un “internet dell’energia”, connettendo l’intero sistema energetico, e soprattutto una risorsa in grado di contrastare le dipendenze e le disuguaglianze energetiche, perché dà a molti Paesi poveri di fonti fossili ma ricchi di sole la possibilità di produrre energia ed esportarla. Penso, ad esempio, alle enormi potenzialità per il Nord Africa, collegato al nostro continente da una infrastruttura in grado di trasportare idrogeno.

Per questo l’Europa, l’Italia e le sue aziende, tra le quali Snam, stanno lavorando allo sviluppo dell’idrogeno. L’obiettivo è vincere la sfida climatica, promuovere uno sviluppo più equo e continuare a soddisfare i fabbisogni di una popolazione mondiale in continua crescita, favorendo prosperità e sicurezza. Ma, come avverte Papa Francesco e come ci insegna questa pandemia, c’è bisogno di un approccio e di uno sforzo globale, superando i muri, già a partire dalla prossima conferenza sul clima cop26 che sarà organizzata dal Regno Unito insieme all’Italia. «Da soli – ci insegna Fratelli tutti — si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è. I sogni si costruiscono insieme».

di Marco Alverà
Amministratore delegato di Snam (Società nazionale metanodotti)