Rapporto di Unicef, Oms e Banca mondiale sulla mortalità alla nascita

Una tragedia trascurata

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13 ottobre 2020

È scientificamente definito “tasso di mortalità perinatale” e corrisponde alla messa al mondo di un bambino nato senza segni di vita a 28 settimane o più di gravidanza, un dramma che si verifica ogni 16 secondi per un totale di circa 2 milioni di “nati morti” ogni anno. Un numero che continua ad essere troppo alto e rischia di aumentare causa covid-19, dato che contrastare la pandemia sottrae servizi dedicati alle gestanti. Un rapporto, appena pubblicato dall’Unicef, insieme all’Oms e alla Banca Mondiale, sottolinea come il fenomeno riguarda nell’84% dei casi i Paesi a basso e medio reddito. Secondo l’indagine, «A Neglected Tragedy: The Global Burden of Stillbirth», nel 2019, 3 nati morti su 4 sono stati registrati nell’Africa subsahariana o nell’Asia meridionale. E il fenomeno potrebbe peggiorare in tutto il mondo. A causa della riduzione del 50% dei servizi sanitari dedicati alle gestanti per far fronte alla pandemia, i bimbi nati morti  potrebbero aumentare di altri 200.000  in un periodo di 12 mesi in 117 paesi a basso e medio reddito, con una crescita dell’11,1%.

«Covid-19 ha innescato una crisi sanitaria secondaria devastante per donne, bambini e adolescenti a causa dell'interruzione dei servizi sanitari vitali», ha dichiarato il direttore per la salute, l’alimentazione e la popolazione della Banca mondiale, Muhammad Ali Pate. «Accogliere un bambino nel mondo dovrebbe essere un momento di grande gioia, ma ogni giorno migliaia di genitori provano una tristezza insopportabile perché i loro bambini sono nati morti», ha detto il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. «Perdere un bambino alla nascita o durante la gravidanza è una tragedia devastante per una famiglia che spesso viene vissuta con discrezione in privato ma che avviene troppo spesso in tutto il mondo», ha sottolineato il direttore esecutivo dell’Unicef, Henrietta Fore.

Dunque, secondo gli esperti è necessario investire nei servizi prenatali e nella formazione del personale sanitario dato che la maggior parte dei casi di bimbi nati morti avviene per la scarsa qualità delle cure durante la gravidanza e il parto. Più del 40% delle morti di neonati si verifica durante il parto, una perdita che potrebbe essere evitata se fosse disponibile personale sanitario qualificato durante le fasi dell’assistenza ostetrica di emergenza. Circa la metà dei casi della morte del feto nell’Africa subsahariana e nell’Asia centrale e meridionale si verifica durante il parto, rispetto al 6% in Europa, Nord America, Australia e Nuova Zelanda. «Ciò dimostra quanto sia vitale rafforzare e mantenere i servizi sanitari essenziali e quanto sia importante aumentare gli investimenti in infermieri e ostetriche» si sottolinea nel rapporto che evidenzia come, anche prima che la pandemia causasse gravi disagi ai servizi sanitari, poche donne nei paesi a basso e medio reddito potevano ricevere cure di qualità e tempestive per prevenire le morti alla nascita. La metà dei 117 paesi analizzati nella relazione ha una copertura tra il 2 e il 50% per solo 8 importanti interventi di salute materna. Dunque anche la morte alla nascita è legata a gravi fattori di diseguaglianza. Non a caso i tassi di nati morti sono più elevati nelle aree rurali che in quelle urbane. Lo status socio-economico è un altro fattore di incidenza: in Nepal, ad esempio, le donne di caste minoritarie hanno un tasso di nati morti del 40-60% superiore rispetto alle donne di caste più alte. E ancora, le minoranze etniche nei paesi ad alto reddito non sempre hanno accesso a un’assistenza sanitaria di qualità adeguata. Ad esempio le popolazioni inuit in Canada hanno un tasso di nati morti quasi 3 volte superiore al resto del Paese. Negli Usa le afroamericane hanno quasi il doppio delle probabilità di figli nati morti rispetto alle donne bianche. «Aiutiamo i paesi a rafforzare i loro sistemi sanitari per prevenire le morti alla nascita» conclude il rapporto dell’Onu.

di Anna Lisa Antonucci