Oltre sette milioni di persone nella fame acuta a causa delle violenze

Allarme Sahel

epa08762367 Protesters chant slogans during an anti-government protest in Khartoum, Sudan, 21 ...
23 ottobre 2020

Se non sarà garantito urgentemente l’accesso alle organizzazioni umanitarie, «livelli catastrofici di fame e miseria» potrebbero registrarsi in parti del Burkina Faso, del Mali e del Niger. Questo l’allarme lanciato dal World Food Programme (Wfp) in occasione della conferenza ministeriale di alto livello sul Sahel centrale che si è tenuta questa settimana a Copenaghen sotto l’egida di Unione europea e Nazioni Unite, e nella quale sono stati raccolti quasi due miliardi di dollari.

La situazione in tutta la regione è drammatica. Violenze ed insicurezza hanno fatto precipitare 7,4 milioni di persone nella fame acuta. Il numero degli sfollati è salito da 70.000 di due anni fa a quasi 1,6 milioni di oggi: oltre 288.000 in Mali, più di 265.000 in Niger e oltre un milione nel Burkina Faso, paese in cui si riscontra la crisi di sfollati in più rapido aumento nel mondo.

«Se non riusciremo a raggiungere le comunità vulnerabili, vedremo nel Sahel aumenti tragici dell’insicurezza alimentare e migliaia di persone spinte ancora di più nell’indigenza» ha detto Chris Nikoi, Direttore regionale del Wfp in Africa occidentale. «In alcune zone nel nord del Burkina Faso, inaccessibili a causa delle terribili violenze e del conflitto, ci sono oltre 10.000 persone che sono a un passo dalla carestia. Il mondo non può aspettare che muoiano donne, uomini e bambini, per prendere azione».

L’assistenza delle organizzazioni umanitarie — sottolinea il Wfp in un comunicato — è messa a rischio dal peggioramento del conflitto e dell’insicurezza. Contemporaneamente, gli operatori umanitari sono sempre di più bersaglio di gruppi armati non statali in Burkina Faso, Mali e Niger. Ciò significa che le comunità vulnerabili non riescono ad avere accesso all’assistenza umanitaria salvavita di cui hanno un disperato bisogno in questo momento di crisi. Il Wfp, che ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2020, sollecita i partecipanti alla Conferenza a trovare «modi attraverso i quali le organizzazioni possano accedere alle comunità e a tutti gli attori sul campo, aprendo percorsi sicuri per l’assistenza umanitaria». Il Wfp ha continuato a potenziare l’assistenza in risposta al deterioramento della crisi e ai crescenti bisogni, assistendo 3,4 milioni di persone nel solo mese di agosto.

Sul piano strettamente politico, l’Onu ha ribadito in questi giorni il proprio impegno per la stabilizzazione della regione. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha detto in una recente intervista al quotidiano francese «Le Monde» che «potrebbe essere possibile aprire un dialogo con alcuni gruppi jihadisti attivi nel Sahel, esclusi quelli radicali come l’Is». «Ci saranno gruppi con cui possiamo parlare — ha detto — e che hanno un interesse nell’avviare questo dialogo per diventare attori politici in futuro». Tuttavia, ha avvertito il numero uno del Palazzo di Vetro, «ce ne sono altri il cui radicalismo terroristico è tale per cui non c’è niente da fare con loro». (l.m.p.)