«È l’ora dei laici, ma sembra che l’orologio si sia fermato». È nota la battuta con cui — in una lettera inviata nel 2016 al cardinale Ouellet — Francesco prende di mira «certi nominalismi dichiarazionisti» postconciliari, che dietro la maschera di «belle frasi» e «slogan» a effetto nascondono spesso l'incapacità di «guardare continuamente al popolo di Dio» e di «sostenere la vita delle nostre comunità».
Allergico agli schematismi e alle formule, Papa Bergoglio non si accontenta di quella che nell’Evangelii gaudium definisce con un certo distacco «teologia da tavolino». E dai laici, in particolare, esige il coraggio della concretezza, l’audacia di fare «un passo avanti, un passo in più», trovando «nella Chiesa lo spazio necessario» e «il modo per rispondere alle loro vocazioni», come ha raccomandato di recente nella prefazione al libro Sinfonia di ministeri scritto dal sotto-segretario del Sinodo dei vescovi, monsignor Fabene.
Del resto, che gli ingranaggi dell’«orologio» — per restare alla sua ironica metafora — non girino ancora a pieno regime lo fa capire lo stesso Pontefice, il quale per ben tre volte nell’ultima settimana ha sentito il bisogno di ritornare con insistenza sul tema del laicato, riproponendolo in particolare nella sua declinazione al femminile.
Lo ha fatto dapprima in un messaggio inviato mercoledì 7 ottobre a un seminario di studio promosso dal Pontificio Consiglio della cultura, con un riconoscente tributo alla capacità delle donne di «risanare... un mondo malato» e «di apportare una sapienza che sa ricucire le ferite, perdonare, reinventare e rinnovare». Poi attraverso l’intenzione di preghiera per il mese di ottobre — lanciata giovedì 8 con un video diffuso in diverse lingue — «affinché, in virtù del battesimo, i fedeli laici, specialmente le donne, partecipino maggiormente nelle istituzioni di responsabilità della Chiesa». Infine a viva voce, parlando durante l’Angelus recitato domenica 11 dalla finestra del suo studio in piazza San Pietro e rinnovando l’appello ad «allargare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa» e a «promuovere l’integrazione delle donne nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti».
Tre circostanze diverse che hanno offerto al Papa soprattutto l’occasione per ribadire la radice “battesimale” di quella «straordinaria dignità» — così la definisce Giovanni Paolo ii nella Christifideles laici — riconosciuta a chi vive da credente nel mondo: «Nessuno — scandisce nel video — è stato battezzato prete né vescovo: siamo stati tutti battezzati come laici. Laici e laiche sono protagonisti della Chiesa». Lo aveva già ricordato nella lettera del 2016: «Tutti facciamo il nostro ingresso nella Chiesa come laici... ed è il segno indelebile che nessuno potrà cancellare».
Bergoglio conta in particolare sulle donne per trovare nuovi spazi creativi alla vocazione laicale. Per questo non esita a consegnare nelle loro mani il futuro della Chiesa e di un mondo spaesato e impaurito, oggi più che mai a corto di speranza. Sa che sono mani tenere e salde, che sanno raccogliere e custodire, creare e sostenere, curare e accompagnare. Mani capaci di far ripartire le lancette del laicato sul quadrante della storia.
di Francesco M. Valiante