Testimoni - Ricordo di Ugo Bianchi

La storia delle religioni capitolo di un’esistenza cristiana

Ugo Bianchi all’Università cattolica di Louvain-la-Neuve il 14 marzo 1980, mentre riceve la laurea honoris causa su proposta di Julien Ries in occasione del colloquio internazionale «Gnosticisme et monde hellénistique»
14 ottobre 2020

Per favore, nessuno equivochi! Ugo Bianchi (Cavriglia, 13 ottobre 1922 – San Pellegrino di Firenzuola, 14 aprile 1995) non ha speso la vita per la storia delle religioni ma ha fatto della storia delle religioni un capitolo importante della sua vita.

L’autentica humanitas, merce rarissima nel mondo accademico da lui frequentato per lustri (e fin troppo conosciuto anche da chi scrive) prima da studente e poi da protagonista “eccentrico” perché eccezionale e indiscusso, così come la vissuta fede cristiana, lo hanno reso un mentore insostituibile per chiunque abbia voluto confrontarsi con lui, anche mettendolo a parte di momenti esistenzialmente difficili e non strettamente legati ai ruoli accademici e alla disciplina tout court , ricevendo comprensione, conforto e suggestioni gratuite.

Perché, se per le attività di ricerca e di insegnamento infaticabili e insuperate parlano tanto gli scritti quanto l’ideazione e l’organizzazione di incontri di studio — le conclusioni di entrambi, a oggi, non possono essere trascurate da chiunque voglia confrontarsi con i temi proposti e analizzati — quelli che hanno avuto la provvidenziale opportunità di incontrarlo e di condividerne le “passioni” sono risultati migliori per se stessi e per gli altri. Chi non è riuscito, ha colto solo la portata accademica della persona. È per questo, dunque, che non si può parlare di Ugo Bianchi come di un professore universitario simpliciter . L’uomo non può essere scisso dal docente: per Ugo Bianchi, infatti, non è possibile tracciare una qualsiasi linea di demarcazione tra la ricerca condotta sempre con estremo rigore e assoluta onestà intellettuale e il nobile eroico tentativo di rispondere a quelle domande che avevano iniziato ad accompagnarlo già dagli anni dell’università e, forse, anche prima, e che ruotavano intorno all’unde malum , tema già presente, e fortemente, nel primo dei suoi contributi, Motivi religiosi ed etici nei «Persiani» di Eschilo  (Quaderni di Roma 2, pagine 222-238) del 1948, e ancora dominante in uno degli ultimi interventi, «Le strutture del male», tenuto in occasione del Colloquio internazionale «Apocalittica e Gnosticismo» in cui aveva coinvolto molti dei suoi studenti più giovani e pubblicato postumo (Apocalittica e Gnosticismo , a cura di Maria Vittoria Cerutti, Roma, 1995, pagine 11-28).

E così ogni tappa della sua ricerca sempre partecipata ha finito col risolversi — per chi avesse la capacità (e non solo la volontà) di condividerne, pur distanziandosene, gli interessi esistenziali — in un continuo privilegiato ergasterion  dove il confronto con il “maestro” diventava allo stesso tempo individuale e reciproco, e allo stesso tempo si rigenerava. Ha detto bene Lorenzo Bianchi, il figlio, chiamato a intervenire in un recente incontro di studio presso la Pontificia università della Santa Croce organizzato da Angela Maria Mazzanti intorno al tema «Epistemologie degli studi storico-religiosi» il 30 gennaio di questo stesso anno (gli atti sono in corso di stampa) e incentrato sull’attualità del metodo storico-religioso così come elaborato da Ugo Bianchi: «La sua è stata, senza dubbio, una ricerca che lo ha accompagnato per tutta l’esistenza, determinandola. Né un interesse accademico, dunque, né una curiosità da erudito, ma qualcosa di essenziale, che si fondeva, fin nella profondità di ogni atto, con la persona stessa».

La carriera accademica di Ugo Bianchi è iniziata nell’Università di Messina nel 1960 e si è conclusa alla Sapienza – Università di Roma nel 1995, attraversando l’Università di Bologna, l’Università del Sacro Cuore di Milano e la Pontificia Università Urbaniana; ovunque il suo passaggio ha lasciato il segno al punto che oggi si può parlare di una scuola che proprio a lui fa capo. Questa scuola, almeno quello che ne resta, ha una grande eredità da raccogliere: la realizzazione di un incontro di studio sulle forme e le origini della soteriologia del cristianesimo, idea più volte lanciata e circostanziata dallo stesso Ugo Bianchi e non solo in occasioni ufficiali. Ora, alla luce del fatto che la sua lezione a oggi non sia stata ripensata e superata da nessuno degli allievi, se l’intenzione di questi ultimi non vorrà continuare a limitarsi a rendere un semplice quanto doveroso omaggio al maestro ma vorrà dimostrare come la metodologia da lui elaborata e le idee da lui proposte (e da lui così profondamente “vissute”) continuino a essere determinanti nell’affrontare queste tematiche cardine degli studi storico-religiosi, la volontà di dar luogo a tale incontro di studio dovrà essere uno sprone capace di “stringere a coorte” allievi della prima come dell’ultima ora, nonché allievi di seconda generazione, e coalizzarli nella realizzazione di tale lascito ineludibile. Questo è il banco di prova al quale chiama la fides  nei confronti di Ugo Bianchi, un maieuta buono che non ha speso una vita per la storia delle religioni ma ha saputo fare della storia delle religioni un capitolo importante di una vita cristianamente vissuta.  Manibus, o, date lilia pleniis  (Dante, Purgatorio,  XXX ,  21)

di Ennio Sanzi