Intesa raggiunta a Mosca tra i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian

Cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh

epa08729373 The view of destructions after alleged Armenian shelling attack in the town of Barda, ...
10 ottobre 2020

È stato raggiunto un accordo per un cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh, la regione caucasica meridionale contesa tra Azerbaigian e Armenia. Lo ha annunciato nella notte il capo della diplomazia di Mosca, Serghiei Lavrov, come riporta l’agenzia di stampa Tass, dopo consultazioni trilaterali nella capitale russa tra i Ministri degli Esteri di Russia, Armenia e Azerbaigian, nel mezzo delle ostilità tra Yerevan e Baku.

La tregua dovrebbe entrare in vigore alle 12 di oggi.

Nel confermare l’intesa, Lavrov ha fatto riferimento a un documento firmato dai Ministri degli Esteri armeno e azero,  Zohrab Mnatsakanyan e Jeyhun Bayramov, «con l’obiettivo umanitario di uno scambio di prigionieri di guerra e di altre persone catturate e dei corpi delle persone morte» nei combattimenti.

L’annuncio è arrivato dopo una maratona negoziale di più di dieci ore di colloqui ad alto livello. «I dettagli concreti dell’attuazione del cessate il fuoco verranno concordati nel prossimo futuro», ha precisato Lavrov, citando il documento sottoscritto da Mnatsakanyan e da Bayramov. Armenia e Azerbaigian, ha aggiunto, hanno accettato «ulteriori negoziati per arrivare rapidamente a una soluzione pacifica» del conflitto, con la mediazione del Gruppo di Minsk dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.

Le ultime ostilità per il Nagorno Karabakh, riesplose il 27 settembre scorso, hanno provocato centinaia di morti.

E gli scontri sono continuati anche ieri, nonostante i colloqui in corso a Mosca. L’Armenia ha denunciato l'uccisione di 320 suoi soldati, mentre l’Azerbaigian — che finora non ha fornito un bilancio dei caduti in combattimento — ha confermato la morte di una trentina di civili. Stime dell’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani indicano almeno 53 civili uccisi. Un conflitto che secondo fonti riprese dall’agenzia di stampa France-Press avrebbe costretto metà della popolazione del Nagorno-Karabakh alla fuga

Piccola regione montagnosa di circa 4500 chilometri quadrati, il Nagorno-Karabakh è una enclave a maggioranza armena all’interno dell’Azerbaigian.

Il conflitto risale al 1988, quando il governo locale chiese di passare dalla repubblica sovietica dell’Azerbaigian a quella, sempre sovietica, dell’Armenia. Allora vi furono scontri fra milizie etniche, che un intervento di forze sovietiche non riuscì a risolvere.

Con la dissoluzione dell’Urss, nel 1991, scoppiò una vera e propria guerra fra Armenia e Azerbaigian, che causò almeno 30.000 morti prima di arrivare ad un cessate il fuoco nel 1994, ottenuto grazie ad un accordo mediato dalla Russia e dal gruppo di Minsk dell’Osce.

Il Nagorno-Karabakh aveva intanto proclamato un governo autonomo, la repubblica di Artsakh, con capitale Stepanekert, che però non è riconosciuta a livello internazionale, mentre l’Onu continua a ritenere la regione parte dell’Azerbaigian.

Da allora il conflitto è rimasto congelato con periodiche riprese della tensione e violazioni del cessate il fuoco.

Gli ultimi scontri di forte intensità, prima di quelli riesplosi il 27 settembre scorso, risalgono alla cosiddetta “guerra dei 4 giorni”, del 2016. Dopo oltre due settimane di scontri a fuoco e bombardamenti reciproci —  i più accesi da trent’ anni a questa parte —  Armenia e Azerbaigian hanno dunque deciso di  trovare un’intesa che silenzi le armi.

L’auspicio è che il cessate il fuoco in vigore da oggi possa veramente riportare la pace nella regione contesa, crocevia di interessi (soprattutto economici) regionali e globali.