Nei combattimenti nel Nagorno-Karabakh tra truppe azere e armene

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu auspica la tregua

Artiglieria armena in azione (Reuters)
30 settembre 2020

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso sostegno all’appello del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, alle forze armene e azere a «fermare immediatamente i combattimenti, ridurre le tensioni e tornare a negoziati significativi senza ritardi», dopo quattro giorni di intensi scontri a fuoco nella regione contesa del Nagorno-Karabakh.

Lo scrive l’agenzia di stampa Afp, precisando che i quindici paesi membri dell’organismo dell’Onu hanno firmato il documento all’unanimità durante una riunione di emergenza sul conflitto, sollecitata da Francia e Germania.

Al momento, però, non sembrano esserci spazi per la diplomazia. Da Yerevan, il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha infatti giudicato prematura l’idea di negoziati con l’Azerbaigian, con la mediazione della Russia. «Non è appropriato parlare di un summit tra Armenia, Azerbaigian e Russia mentre sono in corso scontri a fuoco», ha detto Pashinyan a media russi, riferisce l'agenzia Interfax. «Per l’avvio di negoziati — ha precisato — c’è bisogno di un’atmosfera e condizioni idonee». «Siamo sempre pronti — ha aggiunto il primo ministro — a una soluzione pacifica, ma questo non significa che l’Armenia o il Karabakh siano pronti a una soluzione del conflitto che leda i loro interessi nazionali o la loro sicurezza».

La tensione, quindi, non accenna a diminuire. I combattimenti tra le truppe dell’Azerbaigian e quelle armene del Nagorno-Karabakh hanno già provocato decine di vittime tra i due schieramenti e con il passare delle ore — senza un cessate il fuoco — i rischi di un intervento esterno nel conflitto riesploso nel Caucaso meridionale si fanno sempre più forti. La Turchia, ha avvertito il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlüt Çavuşoğlu, si è infatti detta «pronta ad aiutare l’Azerbaigian a riprendersi le sue terre occupate dall’Armenia». «Al tavolo negoziale e sul terreno, siamo a fianco dell’Azerbaigian e vogliamo risolvere questo problema alla radice — ha aggiunto il capo della diplomazia turca — ma l’unica soluzione è il ritiro dell’Armenia dalle terre azere».

Immediata la replica di Yerevan. «Soltanto il dialogo potrà portare a una soluzione», perché l’Armenia «non si arrenderà», ha detto il presidente armeno, Armen Sarkissian. Secondo Yerevan, Ankara sarebbe già parte del conflitto. La Difesa armena ha denunciato l’abbattimento di un suo caccia su-25 da parte di un f-16 turco nello spazio aereo armeno e l’uccisione del pilota.

Il jet sarebbe giunto dall’Azerbaigian a sostegno dell’aviazione e dei droni di Baku, impegnati in bombardamenti di «villaggi civili», hanno reso noto fonti armene «Un’affermazione assolutamente falsa», ha ribattuto la presidenza turca in una nota ufficiale da Ankara.

Un clima senza dubbio sempre più infuocato, in cui la Russia prova a mediare. «Al Cremlino partono dal presupposto della necessità di un rapido cessate il fuoco e della cessazione dei combattimenti. Qualsiasi dichiarazione di sostegno militare o all’attività militare versa inequivocabilmente benzina sul fuoco», ha dichiarato Dmitri Peskov, portavoce del presidente, Vladimir Putin, Il ministero degli Esteri di Mosca ha ospitato nelle ultime ore consultazioni degli ambasciatori di Yerevan e Baku, con cui si è detto in «costante contatto».

La Russia è legata all’Armenia nell’ambito dell’alleanza militare Csto (Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, istituita il 15 maggio 1992 da sei nazioni appartenenti alla Comunità degli Stati Indipendenti) e ha una base militare nel paese, ma mantiene importanti rapporti politici e commerciali anche con l’Azerbaigian.

Una tregua immediata e il ritorno al tavolo delle trattative sono stati chiesti anche dal cancelliere tedesco, Angela Merkel, in colloqui telefonici separati con Pashinyan e il presidente azero, Ilham Aliyev.

L’appello a «porre fine alla violenza e riprendere i negoziati il più rapidamente possibile» è arrivato anche dal segretario di Stato americano, Mike Pompeo.