Allarme dell’Unicef, nei paesi più poveri mancano gli strumenti per la didattica digitale

Virus: senza scuola un terzo degli studenti nel mondo

Controlli anti-covid a uno studente nigeriano (Epa)
28 agosto 2020

La prima grande vittima del covid-19 è stata la scuola e, con essa, il futuro delle nuove generazioni. L’emergenza sanitaria e i relativi lockdown hanno interessato quasi 1,5 miliardi di bambini nel mondo. Secondo l’Unicef, a livello globale un terzo degli studenti non può usufruire della didattica a distanza perché non ha accesso a internet, non possiede un pc o non è in grado di utilizzare gli strumenti necessari.

Nell’Africa subsahariana quasi la metà degli studenti non può partecipare alle lezioni online; non va meglio nell’Europa orientale e in alcune parti dell’Asia dove ad essere esclusi dalla scuola da remoto sono più di un terzo dei ragazzi e delle ragazze. Gli alunni più giovani, quelli più poveri o che vivono nelle aree rurali rischiano di essere completamente esclusi dall’apprendimento digitale e quindi dal circuito dell’istruzione. «Per almeno 463 milioni di bambini, le cui scuole hanno chiuso a causa del covid-19, non esiste l’apprendimento a distanza» denuncia la direttrice dell’Unicef Henrietta Fore. «L’enorme numero di bambini la cui istruzione è stata completamente interrotta, per mesi, rappresenta un’emergenza educativa globale. Le ripercussioni potrebbero essere avvertite nelle economie e nelle società per i decenni a venire» ha aggiunto.

Inutile dire che il dibattito sulla ripresa scolastica è accesissimo in tutti i paesi colpiti dal coronavirus. C’è infatti il rischio che la riapertura — senza adeguate misure di sicurezza — possa far salire il numero dei contagi e imporre nuovi lockdown. I governi stanno elaborando piani specifici, ma l’incertezza è elevata. Secondo uno studio pubblicato sul «British Medical Journal», «il rischio di contagio grave in aula da coronavirus per bambini e ragazzi è raro, mentre quello di morte è «infinitamente raro». Non tutti gli esperti però sono d’accordo.

Nel frattempo, gli effetti della pandemia sull’economia si fanno sentire sempre di più. L’economia Usa nel secondo trimestre ha visto una contrazione del 31,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il dato è migliore delle attese (la previsione era del 32,5%). Le richieste di sussidi alla disoccupazione calano di 98.000 unità rispetto a 7 giorni fa ma superano il milione. Svolta, intanto, per la Federal Reserve, la banca centrale statunitense, che ieri per la prima volta ha aperto alla possibilità di lasciare i tassi bassi anche se l’inflazione supera il 2%. «Un’inflazione in modo persistente debole crea rischi per l’economia» ha detto il presidente della Fed, Jerome Powell, intervenendo virtualmente a Jackson Hole, il tradizionale appuntamento annuale della Fed che quest’anno si svolge a distanza. «Questo cambio riflette l’idea che un robusto mercato del lavoro può essere sostenuto senza causare un balzo dell’inflazione. Con l’economia in continua evoluzione, la strategia della Fed per centrare i suoi obiettivi deve adattarsi alle nuove sfide che emergono».