· Città del Vaticano ·

Nell’anniversario del celebre discorso di Martin Luther King «I have a dream»

Stati Uniti: migliaia in marcia per dire no al razzismo

Manifestanti al Lincoln Memorial (Epa)
29 agosto 2020

Nel cinquantasettesimo anniversario, ieri, del celebre discorso di Martin Luther King («I have a dream»), decine di migliaia di persone hanno manifestato a Washington per chiedere la fine della violenza della polizia contro gli afroamericani e le minoranze.

Un corteo antirazzismo dal quale si è levato ancora una volta un grido di protesta per le troppe vite recise da una polizia oramai sotto processo in tutti gli Stati Uniti. «Quando è troppo è troppo», ha scandito alla folla Martin Luther King III, il figlio maggiore del politico e attivista statunitense, leader del movimento per i diritti civili degli afroamericani ucciso il 4 aprile del 1968.

Imponenti le misure di sicurezza: Casa Bianca blindata, obbligo di mascherina e distanziamento sociale. Più di 50.000 persone si sono radunati lungo il National Mall, davanti al palco sistemato sulle gradinate del Lincoln Memorial, proprio come il 28 agosto 1963. In quell’occasione, una folla enorme segnò la svolta nella lotta per i diritti civili. Ieri, nonostante i numeri ridotti a causa della pandemia, la speranza del movimento è quella di recuperare lo «spirito del 1963», per avviare una stagione in cui l’America faccia definitivamente i conti con una questione razziale mai completamente risolta.

In tempi di campagna elettorale le divisioni politiche non aiutano. C'è comunque un punto di partenza che potrebbe accomunare le opposte versioni: varare una profonda riforma, a partire dalla formazione e dall’addestramento degli agenti di polizia. In Congresso c'è già pronta la “George Floyd Justice in Policing Act”, sostenuta dal Congressional Black Caucus, che riunisce deputati e senatori afroamericani.

In testa al corteo c’era il padre di Jacob Blake, il giovane afroamericano rimasto paralizzato dopo che a Kenosha, in Wisconsin, un poliziotto gli ha esploso sette colpi di pistola alla schiena: «Mio figlio è in un letto di ospedale e lo tengono ammanettato», ha detto l’uomo. Lo slogan è stato “Get your knees off our necks” (via le vostre ginocchia dai nostri colli), riferito alla pratica spesso usata dagli agenti per immobilizzare le persone fermate: come accaduto a Floyd, morto soffocato. Quando la marcia è partita dal Lincoln Memorial in direzione del vicino Martin Luther King Memorial, a sfilare c'erano i familiari di Floyd e di Breonna Taylor, la giovane afroamericana uccisa dalla polizia mentre dormiva nella sua abitazione a Louisville, in Kentucky. E anche i parenti di Eric Garner, soffocato da una presa al collo degli agenti a New York.