All’Angelus il Papa prega per il popolo del Nicaragua, ricorda il “Perdono di Assisi” e auspica nuove forme di solidarietà

Senza lavoro famiglie e società non vanno avanti

SS. Francesco - Angelus Domini 02-08-2020
03 agosto 2020

«La povertà», provocata dalla «mancanza di lavoro... è e sarà un problema della post-pandemia». E per risolverlo occorrono «tanta solidarietà e tanta creatività». Con un’aggiunta personale al testo preparato per l’Angelus domenicale del 2 agosto, Papa Francesco ha auspicato «che, con l’impegno convergente di tutti i responsabili politici ed economici, si rilanci il lavoro», perché — ha spiegato — senza lavoro le famiglie e la società non possono andare avanti».

L’appello del Pontefice è risuonato al termine della preghiera mariana di mezzogiorno, recitata dalla finestra dello studio privato del Palazzo apostolico vaticano con i fedeli presenti in piazza San Pietro — nel rispetto delle misure di sicurezza adottate per evitare il diffondersi del contagio da covid-19 — e con quanti lo seguivano attraverso i media.

Nella circostanza il pensiero del Papa è andato «anche al popolo del Nicaragua che soffre per l’attentato alla Cattedrale di Managua, dove è stata molto danneggiata — quasi distrutta — l’immagine tanto venerata di Cristo»; e alla ricorrenza del “Perdono di Assisi”, «il dono spirituale che san Francesco ottenne da Dio per intercessione della Vergine Maria. Si tratta — ha chiarito — di un’indulgenza plenaria che si può ricevere accostandosi ai Sacramenti... e visitando una chiesa... recitando il Credo, il Padre nostro e pregando per il Papa e le sue intenzioni». Inoltre, «l’indulgenza può essere anche destinata a una persona defunta», ha aggiunto il vescovo di Roma, rimarcando l’importanza di «rimettere al centro sempre il perdono di Dio, che “genera paradiso” in noi e intorno a noi».

Anche prima dell’Angelus, nel consueto commento al Vangelo della domenica, Francesco aveva sottolineato la necessità di incamminarsi lungo «il percorso della fraternità, che è essenziale per affrontare le povertà e le sofferenze di questo mondo, specialmente in questo momento grave». Prendendo spunto dal «prodigio della moltiplicazione dei pani» riportato dall’evangelista Matteo (14, 13-21), il Papa aveva infatti individuato «due atteggiamenti contrari» nella risposta alla folla affamata che reclamava cibo: quello dei discepoli, che dicendo a Gesù “congedali” fanno in concreto la «proposta di un uomo pratico, ma non generosa: “...che si arrangino”»; e quello di Gesù, che «pensa in un altro modo», infatti egli «attraverso questa situazione, vuole educare i suoi amici di ieri e di oggi alla logica di Dio», ovvero quella «del farsi carico dell’altro; di non lavarsene le mani; di non guardare da un’altra parte». Del resto, ha sottolineato, «il “che si arrangino” non entra nel vocabolario cristiano».

Mentre al contrario nel dizionario dei cristiani, ha osservato Francesco, c’è un’altra «parola che si ripete nel Vangelo quando Gesù vede un problema... “Ne ebbe compassione”. Compassione non è un sentimento puramente materiale; la vera compassione è patire con, prendere su di noi i dolori altrui». Ecco perché, ha concluso, «forse ci farà bene oggi domandarci: quando leggo le notizie delle guerre, della fame, delle pandemie... ho compassione di quella gente?».

L'Angelus