Nella più grave tragedia del 2020 al largo delle coste libiche

Quarantacinque migranti morti in un naufragio

Operazioni di soccorso a un barcone di migranti nel Mediterraneo
20 agosto 2020

Sono almeno 45 le persone morte in naufragio a largo della Libia avvenuto il 17 agosto. La denuncia arriva dall’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim) e dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

Si tratta — hanno scritto in una nota congiunta le due organizzazioni umanitarie — del «naufragio di maggiori proporzioni registrato al largo della costa libica quest’anno».

Circa 37 sopravvissuti, provenienti principalmente da Senegal, Mali, Ciad e Ghana, si legge nella nota, sono stati soccorsi da pescatori locali e posti in stato di detenzione dopo lo sbarco. Questi hanno riferito al personale dell’Oim che altre 45 persone, compresi cinque minori, hanno perso la vita a causa dell’esplosione del motore dell’imbarcazione al largo della costa di Zuara.

Almeno 302 migranti e rifugiati sono morti lungo questa rotta, finora, nell’arco del 2020. Ma secondo i dati dell’Unhcr e del progetto Missing Migrants implementato dall’Oim, «si stima che il numero attuale di decessi sia probabilmente più elevato di quello ufficiale». Nel documento, Oim e Unhcr hanno chiesto di agire con urgenza affinché si riveda l’approccio degli Stati alla gestione dei soccorsi nel Mediterraneo. «È necessario rafforzare con urgenza le attuali capacità di ricerca e soccorso. Si continua a registrare l’assenza di programmi di ricerca e soccorso dedicati e a guida Ue», hanno precisato. «Temiamo — hanno aggiunto — che senza un incremento immediato delle capacità di ricerca e soccorso, ci sia il rischio che si verifichino disastri analoghi a quelli in cui si è registrato un elevato numero di morti nel Mediterraneo centrale, prima del lancio dell’operazione Mare Nostrum».

Oim e Unhcr hanno così espresso forte preoccupazione per i recenti ritardi nelle operazioni di ricerca e soccorso. «Esortiamo gli Stati a rispondere rapidamente al verificarsi di tali eventi e a mettere a disposizione in modo sistematico e strutturato un porto sicuro per le persone soccorse in mare. I ritardi registrati nei mesi recenti, e l’omissione di assistenza, sono inaccettabili e mettono vite umane in situazioni di rischio evitabili», continua la nota.

Secondo l’Oim e l’Unhcr, non si dovrebbe intimare a chi salva i migranti in mare di ricondurre queste persone in Libia, dove sarebbero a rischio di ritrovarsi in aree segnate da sanguinosi conflitti, di subire gravi violazioni dei diritti umani, e di essere sottoposte a detenzione arbitraria post-sbarco.