Due generazioni a confronto davanti alla sfida della pandemia in «HEROES19» di Lorenzo Panebianco

Quegli anticorpi capaci di combattere la paura

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13 luglio 2020

L’intero mondo ha assistito negli ultimi mesi a una tragedia impensabile fino a qualche tempo fa: quello stato di angoscia ed emergenza, che avevamo conosciuto solo attraverso la finzione di una certa cinematografia apocalittica, è, d’un tratto, entrato nella coscienza collettiva, cogliendo impreparati, emotivamente e psicologicamente, tutti noi: tutti feriti, indipendentemente dall’appartenenza politica, religiosa o etnica. Analogamente pesanti sono state le conseguenze per milioni di lavoratori, le cui condizioni, per qualità di vita e possibilità economiche, sono improvvisamente mutate, determinando per numerose famiglie uno scivolamento verso l’estrema indigenza.

Tra i settori più colpiti rientra anche quello, fondamentale per l’offerta culturale che contiene, dello spettacolo e del relativo ampio indotto. La sofferenza di artisti e operatori di cinema e teatro è un segnale grave, soprattutto perché, a patire maggiormente la crisi conseguente alla pandemia sono proprio quelle piccole case di produzioni, quelle realtà di nicchia, spesso comprendenti tutta una rete territoriale di associazioni, espressione di contenuti di particolare qualità, portatori di messaggi di valore, interpreti di istanze sociali e denunce, o, ancora, voce per coloro che vivono situazioni di emarginazione, degrado e disperazione.

Due di queste, le catanesi Skylight Italia e VideoArtline, si sono riunite per rendere omaggio agli uomini e alle donne che in questi mesi si sono messi al servizio, incessantemente e silenziosamente, del prossimo, anteponendo difficoltà e bisogni dei più fragili a sé stessi e alla fatica quotidiana. Per raccogliere la preziosa eredità di questi martiri dei nostri giorni, nella speranza che la loro lezione alimenti il nostro spirito e guidi l’azione delle nostre comunità, il regista e tutto il cast artistico e tecnico hanno voluto scolpire su una pellicola il racconto di questa umanità, unita e solidale, di fronte ad un nemico invisibile. «Il cortometraggio HEROES19 si propone, già nel nome, come antidoto al virus covid-19, a sottolineare che il progetto stesso, fin nella fase embrionale, era maturato da un’idea originaria — ricorda Fabio Fagone, presidente di Skylight Italia — ovvero che gli anticorpi più efficaci contro ogni piaga vanno ricercati nella capacità di donarsi agli altri».

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la propria vita per gli amici è il sottotitolo e l’incipit di questo corto della durata di pochi minuti: dieci, per l’esattezza, di profonda commozione, in cui prevalente è la speranza, oltre alla fiducia nel genere umano. La stessa che fa sì che non passi invano il sacrificio di ognuno di noi. «Ho considerato l’idea di HEROES19 in una notte trascorsa insonne — racconta Lorenzo Panebianco, il giovane regista, autore anche del soggetto e della sceneggiatura dell’opera — non riuscivo a dimenticare le strazianti immagini provenienti da alcune regioni a noi vicine, come da paesi dall’altro capo del pianeta: scene che raccontavano della solitudine e della lontananza a cui eravamo costretti, ma anche dell’eroismo di uomini e donne in carne e ossa». Lo stile di Panebianco, alla sua prima prova alla regia, nonostante da oltre trent’anni conosca i trucchi del mestiere, in quanto figlio d’arte, mostra una identità ben definita, forte della consapevolezza di affrontare un racconto che è ancora materia viva e cronaca della nostra quotidianità, e di farlo attraverso lo strumento più emotivamente coinvolgente, il cinema.

Il cortometraggio mette in scena la narrazione di un incontro, quello tra Mario, pendolare per motivi professionali tra Milano e la Sicilia, e Vincenzo, medico prossimo alla pensione presso il reparto di Malattie infettive di Catania. I destini dei due uomini si incrociano una notte proprio nel nosocomio siciliano, in cui il manager, di ritorno dal capoluogo lombardo, viene ricoverato a seguito di un malore: un momento che segnerà per sempre le vite di entrambi.

Il sodalizio tra Fagone e Panebianco già in passato ha mostrato sensibilità per tematiche di forte impatto sociale: una collaborazione nata sull’onda di una marcata inclinazione alla sperimentazione, che ha portato diversi riconoscimenti. Tra i lavori più premiati compare il documentario di impegno civile Cecilia’s Affair, che oltre ad essere stato insignito di speciali menzioni, è stato finalista nel 2018 al Festival Contro Le Mafie di Reggio Calabria. «La Regola d’oro annunciata nel Discorso della Montagna, Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro (Luca 6, 31), è il motivo ispiratore del nostro stesso progetto — spiega il produttore Fagone, ritornando all’ultima creatura, HEROES19 — il cui messaggio trova una sintesi nel Comandamento più semplice e diretto: Amerai il prossimo tuo come te stesso».

L’etica cristiana del sacrificio «invita tutti noi, impauriti e smarriti di fronte a una tempesta inattesa e furiosa, a ricordare, come sottolineato da Papa Francesco sul sagrato di piazza San Pietro, che siamo sulla stessa barca — prosegue Fagone — tutti fragili e, al contempo, necessari, tutti chiamati a restare uniti e a sostenerci a vicenda». A testimoniare quotidianamente questo spirito di fratellanza sono coloro che chiamiamo impropriamente eroi, ma che sono semplicemente donne e uomini in prima linea che, dietro le mascherine, hanno dato con lo sguardo senso alla parola compassione: «Mentre giravamo la pellicola abbiamo voluto evocare la centralità dello sguardo come vero filo comunicativo tra pazienti, familiari, medici — racconta Fabio Fagone — perché attraverso lo sguardo si entra in contatto diretto con l’anima dell’altro, ci si mette a nudo, lasciando alle spalle sovrastrutture sociali e culturali, si abbandona ogni distinzione».

Il produttore sottolinea, poi, con orgoglio la soddisfazione per aver avuto a fianco nella realizzazione di questo progetto la comunità ecclesiastica di Catania: «HEROES19 gode del patrocinio della Curia di Acireale, grazie al benestare dell’arcivescovo monsignor Raspanti, della Fondazione D’Arrigo e della Direzione dell’Ospedale Cannizzaro di Catania, che ha messo a disposizione i propri spazi e alcuni reparti, tra cui quello di malattie infettive, per ambientare le sequenze del trailer». Al compimento del cortometraggio ha contribuito anche la piena disponibilità del cast a recitare gratuitamente: danno volto ai due protagonisti gli attori di teatro Giuseppe Calaciura e Antonio Spitalieri, vestendo i panni, non facili, di personaggi tra i quali si crea uno scambio molto intenso.

Un tema estremamente delicato, quello del confronto e del dialogo intergenerazionale, segnato, durante questa drammatica pagina per il genere umano, dall’aberrante accettazione del sacrificio delle persone più anziane e deboli. Ma la pandemia, accomunando l’umanità nella sofferenza, insegna che questa prova potrà essere superata solo se ognuno di noi riconoscerà nello sguardo dell’altro quello di un proprio fratello.

di Silvia Camisasca