Il ruolo cruciale delle comunità cristiane in Asia nella lotta al coronavirus

Non restare spettatori

Distribuzione di pacchi alimentari organizzata dalla parrocchia di San Pietro a Bandra
14 luglio 2020

Fari di speranza, luoghi di compassione, instancabili dispensatrici di carità: nel bel mezzo della crisi legata al covid-19, le comunità cristiane asiatiche, pur essendo nella maggior parte dei paesi esigue minoranze, svolgono un ruolo cruciale nell’accompagnare le persone sofferenti e vulnerabili, portando un messaggio di consolazione e di misericordia. La loro creatività apostolica e la fantasia organizzativa spesso si sono rivelate preziose per venire incontro ai bisogni del prossimo. «Le Chiese sono provocate dalle sofferenze di innumerevoli persone, toccate in Asia dalla diffusione del nuovo coronavirus. La forza d’animo, la fede, la speranza, la costante fiducia di Dio ci ispirano a glorificare Dio in questo tempo difficile. Dio avverte il nostro dolore, vede le nostre lacrime e si prende cura del suo popolo», hanno affermato i leader delle Chiese asiatiche riunitisi in una conferenza virtuale organizzata dalla Christian Conference of Asia (Cca). L’organismo, che riunisce le maggiori confessioni cristiane in Asia, inclusa la Chiesa cattolica, ha avviato una serie di video-conferenze e webinar per discutere questioni e sfide rilevanti, causate dalla crisi globale.

Una delle caratteristiche comuni che si riscontra nelle comunità cattoliche in molti Stati asiatici è la prontezza nell’agire. Non si vuole restare spettatori o, peggio, indifferenti di fronte alle crisi ma, nella logica evangelica del Buon Samaritano, si intende dare un contributo e fare la propria parte, mettendo a disposizione risorse, idee, energie.

È nata, allora, nelle Filippine una “hope-line” la linea telefonica della speranza, che fornisce consulenza psicologica e spirituale, avvalendosi di una rete di esperti in salute mentale, psichiatri e sacerdoti per aiutare le persone in difficoltà emotiva. Nell’arcipelago a maggioranza cattolica, accanto alle iniziative di ascolto e assistenza psicologica, si è ben presto sviluppata una capillare rete di sostegno caritativo agli indigenti, ai senzatetto, alle famiglie dei lavoratori a giornata, annichilite dalla “quarantena comunitaria”. Le Chiese cristiane nelle Filippine, e tra loro la Chiesa cattolica, sostengono e aiutano 4,5 milioni di famiglie con beni di prima necessità e altre forme di sostegno, ha reso noto il Forum delle organizzazioni filippine basate sulla fede, rete ecumenica diffusa in tutto l’arcipelago, che ha promosso la distribuzione di beni di prima necessità per un valore di 30 milioni di dollari.

In India, invece, tra le tante attività organizzate in favore dei più poveri e indigenti è stato avviato il programma che vede i volontari cattolici dalla chiesa di San Pietro, nel quartiere di Bandra, a Mumbai, girare in automobile per le zone più povere portando cibo alle persone che soffrono la fame e vivono in strada, tra le quali numerosi bambini. In diverse nazioni dell’Asia le scuole e le strutture cattoliche sono utilizzate per ospitare i senzatetto, i poveri, anche i malati e, in alcuni casi, sono utili come residenze per gli operatori sanitari, garantendo loro un accesso più rapido agli ospedali.

Lo slancio caritativo che vede i cristiani portare aiuti umanitari, solidarietà e consolazione all’umanità, non fa discriminazione di etnia, religione, cultura, classe sociale: con questo spirito l’arcidiocesi di Ranchi, nello Stato di Jharkhand, in India orientale, si occupa di famiglie di musulmani e tribali portando aiuti umanitari a oltre 300 famiglie bisognose. E non si tratta di pura filantropia: «L’amore traboccante del cuore di Dio fluisce verso l’umanità attraverso la persona di Gesù. I cristiani sono chiamati a condividere questo stesso amore con gli altri», ha spiegato l’arcivescovo Felix Toppo. Quello di Ranchi non è un impegno isolato: nel tempo della pandemia di covid-19, la Chiesa cattolica in India ha raggiunto e assistito almeno undici milioni di persone, tra poveri e vulnerabili, soprattutto nel periodo di blocco e confinamento iniziato il 25 marzo e ancora in corso in alcune speciali “zone di contenimento”. In un rapporto della Conferenza episcopale dell’India si nota che i cristiani indiani hanno risposto con grande generosità e impegno rispetto alla loro presenza e consistenza numerica, ovvero il 2,5 per cento su una popolazione indiana di 1,3 miliardi di abitanti.

La pandemia ha messo in luce e, in molti casi, ha aggravato le disuguaglianze sociali, le inadeguatezze del sistema politico-economico, e ha acuito le crisi e le emergenze in atto. Ne è chiara testimonianza la condizione dei rifugiati musulmani di etnia rohingya ospitati nella località di Cox’s, in Bangladesh, al confine con il Myanmar. Da ormai tre anni quella crisi tocca la vita di oltre un milione di persone, ammassate in condizioni di fortuna: una situazione potenzialmente esplosiva per un’epidemia di covid-19, tema su cui è risultato arduo anche solo informare i residenti. Il tam tam delle organizzazioni caritative cattoliche bangladesi ha ben presto offerto risposte concrete occupandosi della distribuzione di materiale informativo sulla prevenzione e al tempo stesso kit per l’igiene personale nei campi di Cox’s Bazar. Sono state inoltre installate postazioni per il lavaggio delle mani in alcuni luoghi comuni e accanto ai servizi igienici.

Come il Bangladesh, anche l’Indonesia è una nazione a larga maggioranza islamica e, in particolare, l’isola indonesiana di Sumatra è ritenuta sede delle comunità islamiche più tradizionaliste e luogo di potenziale crescita di gruppi estremisti. Proprio in quest’isola i volontari cattolici sono in prima linea per fornire corretta informazione, sensibilizzazione e supporto concreto alle popolazioni locali, per difendersi dalla diffusione del coronavirus: nella diocesi di Tanjungkarang le comunità locali hanno creato un movimento attivo nel prendersi cura della gente nella provincia di Lampung. E il vescovo Yohanes Harun Yuwono, alla guida della diocesi di Tanjungkarang, ha scritto e diffuso messaggi «a tutti gli uomini e le donne di buona volontà», esortando a una collaborazione di tutti, senza alcuna differenza di fede o cultura, nella lotta contro il subdolo virus. I cattolici si sono impegnati anche a contrastare la cosiddetta “infodemia”, aderendo all’organizzazione CekFakta, che è in prima linea per la demistificazione di informazioni false sul virus, compresi i miti secondo cui ci si può curare bevendo aglio bollito in acqua.

Non si poteva ignorare, poi, il fenomeno di migranti e sfollati che in tutta l’Asia affrontano sempre più situazioni difficili. I conflitti rimangono la causa principale della migrazione forzata in Asia, ha rilevato un messaggio della Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia (Fabc): con questo spirito le comunità cristiane del Myanmar promuovono l’inclusione di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni, vittime dei conflitti civili in corso, nelle politiche di risposta al covid-19, dal soccorso umanitario agli aiuti economici per la sopravvivenza. Alla base, affermano i vescovi del continente, c’è l’urgenza di affrontare le vere cause dei conflitti, fermare le offensive militari e consentire agli sfollati di tornare ai loro villaggi.

Nella pandemia, inoltre, i bisogni dei bambini sono rimasti quasi invisibili e la crisi innescata dal covid-19 potrebbe portare all’aumento del fenomeno del lavoro minorile, dopo 20 anni in cui è costantemente diminuito, come ha comunicato l’Unicef. Di fronte a questo scenario molte comunità cristiane si sono dedicate a accogliere e curare la vita dell’infanzia in Asia, dato che la crisi sanitaria ha avuto un significativo impatto sulla loro salute e sicurezza.

È chiara nelle Chiese asiatiche l’urgenza di dare una testimonianza di fede che si faccia vita, che ispiri e guidi una missione di servizio, di cooperazione ecumenica e interreligiosa, che offra risposte alla comune sofferenza delle popolazioni, strette nell’emergenza del coronavirus. La piena collaborazione con altre comunità di fede e con le organizzazioni della società civile, infatti, permette di garantire un sostegno realmente utile ai poveri e ai sofferenti. Hanno spiegato i rappresentanti della Christian conference of Asia: «La Chiesa, ovunque essa sia, in qualsiasi situazione e momento, è chiamata a essere una benedizione per tutti».

di Paolo Affatato