LABORATORIO - DOPO LA PANDEMIA
La raccolta di saggi «Dalle finestre di casa. Sguardi sapienziali in tempo di pandemia»

Sentieri di speranza

«Wind from Sea», Andrew Wyeth, 1947, National Gallery of Art, Washington
08 giugno 2020

“Epoca di cambiamento”, “cambiamento d’epoca”. Per lungo tempo, il cardinale Angelo Scola ha insistito su concetti che, ora, appaiono profetici. Erano, in verità, concetti che Scola utilizzava per riflettere in primo luogo sulle conseguenze del “meticciato”, provocato principalmente dalle nuove migrazioni; pensavamo che, tutto sommato, il cambiamento si riducesse al “meticciato”. Con la pandemia stiamo, invece, scoprendo altre dimensioni di questo “cambiamento d’epoca” e il volumetto, in formato ebook, che qui si recensisce, ci guida in qualche modo ad orientare lo sguardo per scoprire tali dimensioni (il libro è edito da Queriniana ed è messo gratuitamente a disposizione di chi lo voglia scaricare dal sito dell’editrice all’indirizzo https://www.queriniana.it/pdf/fco7874-Dallefinestredicasa.pdf). Si intitola appunto «Dalle finestre di casa. Sguardi sapienziali in tempo di pandemia» e raccoglie contributi di più autori che sono storici, teologi e sociologi di noti istituti universitari: Vittorio Berti, Enzo Biemmi, Alessandro Cortesi, Marco Pietro Giovannoni, Andrea Grillo, Fabrizio Mandreoli, Giorgio Marcello, Simone Morandini, Serena Noceti e Riccardo Saccenti. Il taglio del testo non è, però, accademico e pertanto può costituire un valido strumento di lavoro in ambito ecclesiale: in altri termini, per scelta degli stessi autori, si tratta di un testo adatto a tutti per il fine che ha di aiutare il lettore a riflettere in questo (e su questo) tempo epocale, utilizzando l’inedita prospettiva delle finestre di casa per nuovi sguardi di sapienza, quindi di fede, di speranza e di carità. In tal senso, è anche significativa la scelta dell’editore, un sito che prende il titolo dalla meditazione di Papa Francesco del 27 marzo 2020: tutti “insieme sulla stessa barca”, nella tempesta, riassume «il senso di condivisione di una comune condizione di fragilità e l’interrelazione dell’umanità (…) nel tempo della pandemia» (p. 6), «un tempo che mette in discussione certezze e obbliga a ripensare ciò che dà valore e qualità alla nostra vita» (p. 7). “Insieme sulla stessa barca” è, poi, anche il titolo della “lettera” che segue l’introduzione al libro e che costituisce una “aiuto alla lettura” da parte degli autori (p. 11), mentre, alla fine del libro, Cortesi dà una “lettura d’insieme” che costituisce, al contempo, un buon sunto e una sorta d’editoriale (p. 87).

Detto ciò, il libro appare come un passaggio da una finestra all’altra di una casa alla ricerca di nuove vedute, ma con un orizzonte chiaro: quello, centrale per il fedele cristiano, del Triduo pasquale. Le pagine si sviluppano mentre si susseguono “sguardi” su alcuni temi: Corpi, Tempo sospeso e spazio vuoto, Prossimità, Com/partecipare, Autorità, Terra cielo (domande e processi), Saperi, Centro/periferia, Pubblico, Futuro; “sguardi” che sono illuminati in modo diverso dal solito a motivo del gioco di luci e di ombre che la pandemia e la speranza del “dopo” proiettano sia dentro sia fuori di noi.

Riccardo Saccenti, nel saggio Corpi, ci ricorda il dramma visibile della pandemia, altrimenti invisibile: corpi che soffrono, in opposizione alla narrazione a cui eravamo abituali e che imponeva «una totale esclusione del dolore e della morte dal discorso pubblico» (p. 20); corpi che subiscono un necessario distanziamento fisico; corpi a cui è ora imposto anche un distanziamento sociale, estremizzazione, invero, di una tendenza già in atto da anni prima dell’apparire del virus; corpi che vivono, in fin dei conti, volenti o nolenti, l’esperienza, più o meno diretta, più o meno dolorosa, del Triduo pasquale.

Enzo Biemmi, nel suo contributo Tempo sospeso e spazio vuoto, si interroga sull’esperienza del «sabato da abitare» e della prova a cui siamo chiamati come l’apostolo Giovanni, che corse al sepolcro vuoto e «sperimentò una presenza accettando l’assenza della vicinanza fisica» (p. 26). Il contributo si (s)chiude con un’affermazione e una domanda: «Da un secondo ascolto potrà nascere un secondo annuncio. Perché non siamo i padroni della fede, ma i collaboratori della grazia. Ce la faremo?» (p. 30).

Vittorio Berti, in Prossimità, rilegge il tema cristiano del “farsi prossimo” in un contesto di poli estremi: c’è chi è costretto in una «stanza» (di ospedale, di casa, ecc.) ad una prossimità talvolta, purtroppo, anche violenta e c’è chi vive l’inferno della «distanza» (p. 31).

Serena Noceti, nella sua riflessione su come oggi si possa Com/partecipare, riprende alcuni hashtag — #iorestoacasa-#iorestoinrete, #iocelebro-#noicelebriamo, #noisiamochiesa — in prospettiva (sorprendentemente) teologica: «tutto è interconnesso, come dice Laudato si’. La nostra “soggettività” è sempre “inter-soggettività”; le relazioni ci costituiscono» perché «Dio volle salvarci non individualmente ma facendo di noi un popolo (Lg 9)» (pp. 42-3).

Andrea Grillo, rivede il tema classico dell’Autorità come «capacità e potere di far crescere», senza dimenticare certe (nuove?) «forme sorprendenti di autorità», alcune sue “devianze” e i suoi limiti, connessi all’«esercizio dei “diritti di libertà”» (pp. 46-7).

Simone Morandini, nel suo contributo Terra cielo (domande e processi), pone il tema della conversione in tempo di “crisi”, collegandolo alla domanda: «a quale normalità vorremmo davvero tornare?» (p. 56). E ci parla di una conversione (anche) ecologica che viene declinata come «prenderci cura delle persone, prenderci cura del vivere sociale, prenderci cura della Terra» (p. 57), non dimenticando che il nostro è un «vangelo della creazione» (p. 58).

Riccardo Saccenti interviene, ancora, con un secondo saggio dal titolo: Saperi. L’autore, da un lato, stigmatizza la c.d. “cultura dell’incompetenza” di chi mette in perenne discussione il «valore culturale e sociale della scienza» (p. 59); dall’altro, insiste sul «riconoscimento politico del ruolo dei saperi, come parte dell’esperienza della città degli uomini, del suo essere rete di relazioni in rapporto con l’ambiente» e ci ricorda come, purtroppo, la politica (in particolare, quella universitaria) abbia dimenticato quasi completamente i saperi dell’umanesimo che, invece, davvero, possono restituire «un senso di integralità che sta al di sotto delle diversità disciplinari», permettendo di «leggere il [e nel] legame delle cose» (pp. 62-3).

Giorgio Marcello e Fabrizio Mandreoli, nelle pagine su Centro/periferia, pongono l’accento sulla responsabilità della politica che, in un contesto di disgregazione sociale, deve tornare a promuovere “capabilities” per consentire alla libertà di ognuno di esprimersi «pienamente attraverso l’impegno orientato a promuovere la libertà altrui di realizzarsi come persona e di partecipare compiutamente alla vita della città» (p. 68). La Chiesa, dal suo canto, con «capillarità» (p. 69) deve muovere verso le «periferie esistenziali» che la crisi, susseguente alla pandemia, non farà che accentuare.

Marco Giovannoni si avvia a chiudere il libro con una riflessione sul Pubblico, da un lato interrogandosi sulle conseguenze della sua contrapposizione al «privato»; dall’altro, contestandone la declinazione di «interesse nazionale» per recuperarne la valenza di «comune bene universale della Terra» (pp. 74-6).

Alessandro Cortesi, infine, si interroga sul Futuro di un «mondo in frantumi» crepato da un «sistema di iniquità» (p. 82), di fronte alle quali occorre «sostare e interrogarsi» per (ri)costruire una casa comune ospitale che abbia al centro il lavoro e l’edificazione di un «“noi” solidale»; condicio sine qua non per un futuro inedito di pace (pp. 84-6).

In conclusione, la sfida che propone il libro è «quella di capire come vivere questo tempo» (p. 15) in particolare in tre ambiti: nella vita della Chiesa, nella realtà socio-ambientale, nella ricerca della pace come consapevolezza della «dimensione planetaria della nostra esistenza» (p.16). Il lettore, accettando questa triplice sfida, deve, tuttavia essere cosciente di non trovare esaustive risposte, quanto, piuttosto, alcuni sentieri di speranza che, nell’intenzione degli autori, non si esauriscono in poche pagine ma che rappresentano, invece, una traccia affinché altri — i lettori — prendano la parola e continuino da protagonisti ad operare nei tre ambiti indicati. Ben vengano, allora, queste sfide che rendono gli uomini di buona volontà soggetti attivi del presente che viviamo.

di Antonio Angelucci