· Città del Vaticano ·

L’ostello della Caritas ambrosiana a Lecco

Per ridurre le distanze sociali

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09 giugno 2020

«È una grande risposta solidale. La pandemia ha generato in molte famiglie uno spirito di fratellanza e di prossimità che difficilmente potrà essere scalfito. Mi auguro che questa nostra iniziativa possa dare il via a tante altre azioni concrete»: è quanto auspica Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, che all’Osservatore Romano spiega come è nato a Lecco l’ostello della solidarietà. La struttura, che offre ospitalità a 24 senzatetto (al momento 18 uomini e 6 donne) in questa emergenza sanitaria, sorge nell’ex convento delle suore di Maria Bambina.

Dispone di camere doppie e triple con servizi igienici, una sala mensa, un giardino e un orto. Due guardiani e un educatore gestiscono la vita della nuova comunità, nel rispetto, oltre che delle normali norme di convivenza, delle precauzioni necessarie a causa della pandemia. Gli ospiti vengono sottoposti a visita medica all’ingresso e, una volta accolti, devono rispettare le norme igieniche, evitando, nei limiti del possibile, uscite non giustificate, e devono indossare m ascherine e guanti. A tutela della loro salute, e di quella di operatori e volontari che gravitano intorno alla struttura, è prevista la misurazione della temperatura corporea due volte al giorno. «Quello che è accaduto a Lecco — aggiunge Gualzetti — dimostra come il cuore delle persone è ben aperto alle necessità di quanti vivono in condizioni precarie e rese ancora più difficili da questa emergenza sanitaria planetaria. All’’inizio pensavamo di coinvolgere una decina di famiglie, ma all’appello lanciato da Caritas Ambrosiana, con il sostegno del prevosto di Lecco e parroco della comunità pastorale Madonna del Rosario, don Davide Milani, siamo riusciti a coinvolgere 140 famiglie. Una risposta che è andata al di là di ogni aspettativa». E sì perché il rischio che si corre, anche in questa fase 2, è di rinchiuderci in noi stessi e guardare con ancora maggiore diffidenza proprio i più poveri che sono anche quelli che hanno più bisogno di aiuto e di conforto. All’ostello non è possibile cucinare, in dotazione ci sono solo forni a microonde per riscaldare quanto cucinato all’esterno. Il pranzo viene preparato dalla mensa Caritas di via San Nicolò (attiva solo a mezzogiorno), mentre per la cena è stato chiesto aiuto al buon cuore dei lecchesi. “Gli abitanti e i parrocchiani — racconta al nostro giornale don Milani — infatti, sono stati coinvolti nell’iniziativa solidale e hanno risposto di cuore all’invito offrendo la loro disponibilità a un piatto e di donarlo la sera per la cena. Anzi, a molti sono stato costretto a dire che basta preparare un solo pasto e non cucinare tante pietanze con il rischio che vadano a male. Una vera e propria esplosione di solidarietà di un intero territorio». Il sacerdote si dice molto soddisfatto per il coinvolgimento di tantissimi giovani volontari, ma anche di persone adulte, che ogni giorno fanno di tutto per rendersi disponibili e utili.

Albergo all’inizio del ‘900, poi convento, dopo il trasferimento delle ultime suore della congregazione di Maria Bambina, l’ostello della solidarietà era prima un centro di accoglienza per richiedenti asilo. Adesso, vi soggiornano i senza tetto fino a quando non saranno ultimati i lavori della Casa della Carità in centro città. «Quello che desideriamo — sottolinea il presidente di Caritas Ambrosiana — è di riuscire a instaurare un rapporto di vicinanza tra i senza tetto e la comunità. Il distanziamento sociale non fa bene a nessuno, tanto meno a chi è costretto a vivere per strada e molto spesso evitato e ignorato da tutti noi». I senza tetto ospitati nella struttura sono quasi tutti italiani che hanno visto peggiorare la loro situazione economica a causa della pandemia. «Sono centinaia quelli che hanno perso il lavoro e non hanno più reddito. Con l’arcidiocesi di Milano stiamo cercando — conclude Gualzetti — di individuare case di accoglienza o abitazioni popolari che possano ospitare i senza tetto della città. Dobbiamo avviare progetti di promozione della persona e di emancipazione sociale e rendere queste persone autonome restituendo loro la dignità».

di Francesco Ricupero