Dopo l’uccisione di Rayshard Brooks

La rabbia degli afroamericani «Siamo stanchi delle violenze»

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16 giugno 2020

Non si ferma l’ondata di proteste negli Stati Uniti in seguito alla uccisione dell’afroamericano George Floyd da parte di un agente bianco a Minneapolis. Cortei e manifestazioni sono previsti anche oggi in diverse città americane. Intanto, proseguono le indagini sulla morte di un altro afroamericano, Rayshard Brooks, colpito a morte da due proiettili alla schiena da parte di un agente bianco.

L’autopsia sul corpo di Brooks è stata resa nota ieri. La causa del decesso, secondo il medico legale che bolla il caso come omicidio, sono appunto i colpi alla schiena. E la famiglia, durante la conferenza stampa, chiede giustizia per il giovane e per gli altri neri d’America morti per mano della polizia: «Siamo stanchi, siamo stanchi» ha gridato tra le lacrime la nipote Tiara. «Quante proteste ancora serviranno per assicurare che la prossima vittima non sia vostro cugino, vostro fratello, vostro zio, vostro nipote, o il vostro amico e il vostro compagno? Quante proteste ancora per porre fine all’uso eccessivo della forza da parte della polizia? Siamo stanchi».

La vedova di Brooks chiede che i due agenti che hanno partecipato al fermo del marito vengano messi in prigione. Concetto ribadito anche dal legale della famiglia, aggiungendo che i poliziotti non hanno giustificazione alcuna per quello che hanno fatto, sparando alle spalle a un uomo che non rappresentava alcuna minaccia.

Nel frattempo, è disco verde del Consiglio dell’Onu per i diritti umani a un dibattito sul razzismo e sulla brutalità della polizia. A richiederlo con urgenza sono stati 54 Paesi africani in una lettera consegnata dall’ambasciatore del Burkina Faso presso l’Onu a Ginevra nel contesto della mobilitazione mondiale seguita alla morte di George Floyd. La decisione è stata presa all’unanimità dai 47 Paesi membri durante la 43esima sessione del Consiglio che aveva interrotto i suoi lavori a metà marzo a causa della pandemia di coronavirus.