56 giorni di Francesca Segal e Figlio del lupo di Romana Petri

Ci si salva solo insieme

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05 giugno 2020
È passare dalla quiete alla tempesta e ritorno, leggere 56 giorni di Francesca Segal e Figlio del lupo di Romana Petri, due libri diversissimi per genere, ottica e vicende, ma con un sorprendente filo comune. Nel primo (Torino, Bollati Boringhieri 2020, pagine 223, euro 17, traduzione di Manuela Faimali) l’autrice racconta il tempo passato nel reparto di terapia intensiva neonatale con le sue gemelle nate a 29 settimane e 6 giorni. Nella notte in cui viene eseguito d’urgenza il cesareo, le bambine entrano nella trentesima settimana, spartiacque tra la quasi impossibilità di sopravvivere alla speranza di farcela. Dal giorno zero delle sue figlie, Segal entra in un mondo di regole nuove. Tutto acquista una dimensione impensabile — nella novità della maternità, c’è anche la novità di una maternità che è fatta di tempi, spazi, gesti ed emozioni unici. Tra medici, infermieri e personale sanitario più o meno disponibile ed empatico, la vera sorpresa viene dal legame che si crea con le altre madri. Nella stanzetta attrezzata per tirare il latte (operazione difficile e spesso frustrante per chi non ha portato a termine la gravidanza, ma necessaria perché bastano poche gocce per nutrire i prematuri), queste donne si aiutano a vicenda, si confortano, si assistono. La lotta ha un’altra forza se viene spartita. «Ci vuole un villaggio per crescere un bambino. Quel villaggio è andato perso nella nostra cultura. Nel momento del bisogno — scrive Segal — le donne in sala mungitura ne hanno costruito uno».
Se il tempo assume una dimensione rallentata nella terapia intensiva neonatale, è invece a tamburo battente in Figlio del lupo (Milano, Mondadori 2020, pagine 375, euro 19,50) in cui Romana Petri romanza l’esistenza di Jack London, raccontandone l’autentica furia di vivere. Pugile, cacciatore di foche, agente di assicurazioni, cercatore d’oro, ma soprattutto — prima ancora di iniziare a vivere davvero — scrittore. Scrittore prima ancora di scrivere, testimone e aedo dello sforzo degli ultimi in cerca di giustizia, circondato da donne che lo hanno molto amato, ma poco compreso (ad eccezione, forse, della sorella Eliza), sempre all’eccesso per dare voce ai muti: questo è stato lo scrittore statunitense. Poverissimo e poi ricchissimo (per qualche giorno almeno), in perenne bisogno di vedere, guardare, battagliare e scrivere, London è un uomo sempre in corsa nella vita e dalla vita, a un passo dal fallimento anche al culmine della fama. Il filo tra questa furia della natura e i prematuri della Segal impegnati in una battaglia per conquistare un millimetro di vita? Ci si salva solo insieme testimoniano le due minuscole bambine dalla «pelle troppo fragile per i vestiti», la loro madre e una delle più grandi penne d’America.

di Giulia Galeotti