Soddisfazione della Caritas per l’avvio di un monitoraggio della povertà

Anche in Svizzera

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08 giugno 2020

Pensi alla Svizzera e la associ automaticamente alle banche, alla ricchezza, comunque al benessere, ignorando che più di 600.000 persone sono afflitte dall’indigenza e altre 600.000 vivono in condizioni precarie, poco sopra alla soglia di povertà. Complessivamente il 15 per cento della popolazione, dunque, ha problemi economici. Gli aiuti statali garantiscono un minimo di protezione ma le difficoltà finanziarie comportano spesso per molte famiglie una sorta di isolamento sociale. E le conseguenze della pandemia di coronavirus hanno ulteriormente aggravato la situazione. Per questo Caritas Svizzera ha salutato con soddisfazione la decisione, il 2 giugno, da parte del Consiglio nazionale di introdurre un monitoraggio periodico (quinquennale) della povertà nel paese, «base importante per una prevenzione e una lotta efficaci» al fenomeno, in tutte le sue dimensioni. Anni fa, nell’ambito di un programma ad hoc, confederazione, cantoni, città, comuni e organizzazioni private avevano elaborato un piano per rilevare l’indigenza a livello nazionale, ma nella primavera del 2018 il Consiglio federale (l’organo esecutivo del governo) decise di rinunciare a un monitoraggio periodico della povertà e di ridurre drasticamente il suo impegno finanziario. La Commissione della scienza, dell’educazione e della cultura del Consiglio degli Stati (l’altro ramo del Parlamento elvetico), viste anche le cifre allarmanti diffuse negli ultimi anni dall’Ufficio di statistica, ha ripreso la questione con una mozione e invitato il Consiglio federale a istituire il sistema. La sua approvazione in Consiglio nazionale trasferisce definitivamente il mandato al governo.

Il provvedimento — afferma la Caritas — permetterà di «fare affermazioni comprovate sulle cause della povertà, sui gruppi a rischio e sugli effetti delle misure politiche adottate. Soprattutto in considerazione della crisi attuale e del previsto aumento della povertà in Svizzera, l’introduzione di un monitoraggio assume un’importanza ancora maggiore». Per favorire l’integrazione delle persone afflitte da indigenza e prevenire l’isolamento sociale, la Caritas ha attivato da tempo «CartaCultura»: ne hanno diritto le famiglie e gli individui soli che dimostrano di percepire un reddito non superiore al minimo vitale definito in base alle direttive della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale. Circa 3.480 organizzazioni pubbliche e private attive nei settori della cultura, dello sport e della formazione accettano la «CartaCultura» e concedono, a oltre 103.000 detentori, sconti del 30-70 per cento senza ricevere alcun compenso finanziario. Ma la Caritas chiede alle istituzioni ulteriori forme di sostegno: 1.000 franchi sul conto, asili nido gratis, indennità, sussidi assicurativi.

La mozione approvata dal Parlamento (presentata da Yvonne Feri, del gruppo socialista) sottolinea che in Svizzera «non esiste una panoramica sistematica e completa della povertà nei suoi vari aspetti, né delle misure adottate per combatterla, e che, visti i cambiamenti sociali e il rapido sviluppo strutturale dell’economia, dovrebbe essere attuato un monitoraggio di questo tipo in modo tale che cantoni, comuni e confederazione dispongano dei dati necessari per prevenire e combattere la povertà». Padri, madri, persone sole che temono di perdere il posto di lavoro perché sono stati mandati a casa, altri, già senza impiego fisso, con poche speranze di trovare un’occupazione: le conseguenze del covid-19, seppur in maniera minore rispetto ad altre nazioni, si fanno sentire anche in Svizzera. Sempre più famiglie chiedono aiuto per pagare la fattura del medico, per assistere pazienti affetti da coronavirus o parenti anziani non autosufficienti. «Proprio come le piccole aziende si vedono confrontate con problemi di liquidità — osserva Hugo Fasel, direttore della Caritas — a molte famiglie indigenti mancano i soldi per pagare le fatture a fine mese. Loro non possono certo ricorrere a un credito garantito dal dipartimento delle finanze. Le famiglie e le persone sole che dispongono di un piccolo reddito e sono già costrette ad arrotondare entrano in crisi in breve tempo. I poveri sono i più colpiti».

Legato alla pandemia e alla povertà è anche l’appello che il 4 giugno una decina di organizzazioni di sviluppo elvetiche, tra cui la fondazione cattolica Sacrificio quaresimale, hanno lanciato alle banche svizzere affinché condonino i debiti che i paesi poveri hanno contratto con esse, evidenziando il grave impatto economico prodotto dall’emergenza sanitaria. I firmatari della lettera aperta osservano che tali negativi sviluppi minacciano alcune nazioni della peggiore crisi finanziaria degli ultimi quarant’anni. Pur riconoscendo le risorse aggiuntive stanziate dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale, nonché da alcuni paesi come la Svizzera, nel quadro dell’aiuto umanitario e della cooperazione allo sviluppo, le organizzazioni affermano che tali misure «non bastano», esortando creditori e donatori a un gesto di pietà.

di Giovanni Zavatta