Si apre questa settimana ed è organizzato dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale

Un anno speciale per celebrare la «Laudato si’»

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16 maggio 2020

Bilancio del primo mese di attività della Commissione vaticana covid-19


«Prendiamoci cura del creato, dono del nostro buon Dio Creatore. Celebriamo insieme la “Settimana Laudato si’”»: con un tweet sull’account @Pontifex il Papa ha lanciato la sette giorni celebrativa che da oggi, sabato 16, fino a domenica 24 maggio, ricorda in tutto il mondo il quinto anniversario dell’enciclica di Francesco sulla Casa comune. La “settimana” a sua volta inaugura l’intero anno speciale — una sorta di tempo “giubilare” dedicato alla Terra — scandito da diverse iniziative, che si concluderà il 24 maggio 2021. L’organizzazione è affidata al Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (Dssui), che sempre sabato mattina ha tracciato un primo positivo bilancio delle attività svolte dalla Commissione vaticana istituita per contrastare le conseguenze della pandemia, presentandolo in diretta streaming nella Sala stampa della Santa Sede, durante la conferenza sul tema «Covid-19, crisi alimentare ed ecologia integrale: l’azione della Chiesa».

Molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare a un mese dall’attivazione dell’organismo voluto da Papa Francesco, al fine di stimolare la riflessione sulle sfide socio-economiche e culturali del futuro e la proposta di linee guida per affrontarle. Moderati dal direttore della Sala stampa Matteo Bruni, sono intervenuti il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dssui, con il segretario monsignor Bruno Marie Duffé, e il segretario aggiunto don Augusto Zampini-Davies; e il segretario generale del braccio caritativo della Chiesa, Aloysius John.

Il porporato ha esordito facendo notare che il coronavirus, iniziato come problema sanitario, ha avuto ripercussioni drastiche su economia, occupazione, stili di vita, sicurezza alimentare, scienza, ricerca e politica. «Quasi nessun aspetto della cultura umana è rimasto esente» ha commentato. E ciò conferma in pratica quanto insegna il Pontefice nell’enciclica sulla cura della casa comune, quando afferma che «tutto è interconnesso».

Quindi il cardinale prefetto ha parlato delle peculiarità dei cinque gruppi di lavoro (cfr. «L’Osservatore Romano», 16-4-2020) in cui è articolata la Commissione, che il Dssui coordina in collaborazione con Caritas internationalis e con realtà della Curia romana, come il Dicastero per la comunicazione e la seconda sezione della Segreteria di Stato. Infine il porporato ha annunciato che la Commissione dovrebbe durare un anno, a meno che non divenga necessario estenderne le attività.

Da parte sua Aloysius John ha spiegato come la Caritas stia ampliando la propria azione adattando alcuni dei programmi in corso per rispondere più efficacemente alla pandemia. Attraverso il «fondo» attivato «per la risposta all’emergenza sanitaria», sono stati già finanziati 14 progetti e su 32 presentati. Grazie a essi a numerose famiglie vengono assicurati alimentari di base, kit per l’igiene, articoli come sapone e pannolini, ma anche sovvenzioni in denaro per pagare gli affitti e altre scadenze urgenti. «Ai fini della prevenzione è importante anche sensibilizzare le persone a rischio, fornendo informazioni affidabili sulla pandemia e sul modo in cui le comunità possono proteggersi» ha detto il segretario generale accennando al lavoro di Caritas India Tamil Nadu. Beneficiarie del fondo sono al momento oltre 7,8 milioni di persone in 14 Paesi, tra cui Ecuador, India, Palestina, Bangladesh, Libano e Burkina Faso. Inoltre circa altri 2 milioni di individui vengono seguiti finanziando altri tipi di programmi per un totale di oltre 9 milioni di euro. «Ma sfortunatamente ce ne sono centinaia di migliaia in più che hanno bisogno» ha commentato, facendo l’esempio del Sud Africa, dove la Caritas nazionale non ha abbastanza cibo da distribuire alle migliaia di migranti che si mettono in fila ogni giorno davanti ai suoi uffici. Da ultimo John ha rilanciato l’appello di Caritas alla comunità internazionale per rimuovere le sanzioni economiche contro Iran, Libano, Siria, Libia e Venezuela e per cancellare il debito dei Paesi più sottosviluppati, o almeno estinguere il pagamento degli interessi per il 2020.

Monsignor Duffé, da parte sua, ha approfondito un aspetto fatto emergere dalla pandemia: quello della vulnerabilità, che è fisica e sociale, politica e ideologica, e anche economica: «Fino a ora abbiamo considerato la salute — ha detto in proposito — come un semplice strumento per produrre sempre di più, in una logica miope. Oggi stiamo riscoprendo la salute e la solidarietà come pilastri della nostra economia». A partire da questa esperienza, il segretario del Dssui ha individuato tre urgenze: condividere i mezzi a disposizione per salvare vite umane senza alcuna discriminazione (giovani e anziani, migranti e poveri); ampliare i progetti di assistenza congiunta e concedere aiuto ai Paesi bisognosi; mostrare che alla base dell’azione solidale c’è l’idea che «siamo una sola famiglia umana». In particolare la missione della Chiesa è ascoltare e accompagnare le persone nella sofferenza, proporre una riflessione sul legame tra dimensione sanitaria, ecologica, economica e sociale della crisi; sostenere nuove opzioni per prendersi cura della natura, della biodiversità e degli esseri umani; aprire le porte alla speranza.

Infine il segretario aggiunto Zampini-Davies ha ripetuto l’allarme di Papa Francesco sul fatto che molte persone sono morte negli ultimi quattro mesi non per coronavirus, ma per fame. Secondo la Fao, 800 milioni di individui sono cronicamente affamati, mentre la domanda di cibo è in vertiginoso aumento. «La crisi alimentare, come quella da Covid, è internazionale — ha affermato — e le conseguenze socioeconomiche crescono in modo sproporzionato, catastrofico, una volta superate determinate soglie: le restrizioni all’import-export di alimenti vanno a incidere sulle catene di approvvigionamento; problemi e conflitti socioeconomici persistono e potrebbero peggiorare». Basti pensare, ha denunciato, che il Pam stima che 370 milioni di bambini rischiano di perdere i pasti a causa delle chiusure delle scuole; inoltre le questioni climatiche continuano a turbare la produzione alimentare con gravi conseguenze per i piccoli agricoltori. Insomma c’è un’insicurezza diffusa, che potrebbe sfociare in violenze. Eppure, ha detto il segretario aggiunto aprendo alla speranza, è ancora possibile cambiare, sia i modelli di produzione e consumo sia le azioni pubbliche e private, come raccomanda la Laudato si’. È tempo di migliorare la produttività agricola, ma collegandola alla protezione degli ecosistemi e a pratiche sostenibili; inoltre bisogna deviare i fondi pubblici dalle armi al cibo e sviluppare una serie di misure d’emergenza per l’occupazione. Ma, ha affermato Zampini-Davies, si può fare anche molto individualmente in materia di riduzione degli sprechi, «iniziando a modificare le nostre diete, mangiando cibi stagionali ed evitando prodotti ad alto inquinamento». Perché, ha concluso citando santa Teresina di Lisieux, «qualsiasi piccolo gesto conta».