I vescovi degli Stati Uniti invocano maggiori tutele per i braccianti agricoli immigrati

Stessa dignità per tutti

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09 maggio 2020

«I braccianti agricoli immigrati sono i più poveri tra i lavoratori poveri. Vulnerabili perché hanno scarso accesso all’assistenza pubblica, nessuna assicurazione sanitaria, un’alimentazione insufficiente, sono regolarmente esposti ai pesticidi, vivono in abitazioni affollate e la loro speranza di vita è pari a 49 anni. La crisi del coronavirus ha peggiorato la loro già precaria situazione e sono oggi più vulnerabili che mai». Lo spiega a «L’Osservatore Romano» monsignor Oscar Cantú, vescovo di San José in California e responsabile di questo settore al sottocomitato sulla pastorale dei migranti, rifugiati e itineranti della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb). Insieme ad altri vescovi, il presule ha recentemente indirizzato un accorato appello ai leader politici del paese, invitati a «tener conto della situazione di emergenza e dei nuovi bisogni» delle comunità dei braccianti migranti in questo periodo. Più di un milione di lavoratori agricoli negli Stati Uniti sono considerati “lavoratori essenziali”, in quanto indispensabili per non far mancare alla nazione i generi alimentari anche durante questa pandemia da covid-19, ricorda l’Usccb. Il Dipartimento del lavoro stima che circa la metà di questi lavoratori agricoli sia priva di documenti, mentre altri osservatori avanzano cifre molto più elevate. Nella contea di Monterey, al centro della California, per esempio, la proporzione si annovera tra il 60 e l’83 per cento. «Si tratta di lavoratori che preferirebbero rimanere nel loro paese d’origine, ma di fronte all’estrema povertà e alle poche prospettive di un lavoro soddisfacente, vengono negli Stati Uniti per eseguire mansioni che i cittadini americani preferiscono non fare. Vengono in gran parte dal Messico», osserva monsignor Cantú. «La diffusione del covid-19 ha aggravato le condizioni dei braccianti agricoli migranti. A parte le difficili condizioni di lavoro e di vita, i contadini privi di documenti vivono nella costante paura di essere espulsi e separati dalle loro famiglie. Ora temono la possibilità di essere infettati dal virus», racconta il presule.

«Nonostante l’alta importanza del loro ruolo nella nostra economia — sottolinea monsignor Cantú — gli agricoltori continuano a essere tra i lavoratori meno pagati, meno protetti degli Stati Uniti e spesso sottoposti a lavori insalubri». Durante questa pandemia sono a rischio ancora più elevato. Molti si ritrovano senza reddito a causa di licenziamenti e coloro che sono privi di documenti non hanno diritto all’assistenza del governo. Altri non hanno accesso ai trasporti pubblici per andare a lavorare durante questo confinamento in atto. Tanti non hanno un’adeguata protezione sul posto di lavoro per garantire le necessarie precauzioni di salute e igiene. Infine, la paura di essere sorpresi dai servizi dell’immigrazione impedisce ai lavoratori irregolari di ricorrere alle necessarie cure mediche o di parlare delle forme di abusi a casa o sul luogo di lavoro che si verificano durante questo periodo.

Il messaggio dell’Usccb, firmato anche da monsignor Nelson J. Perez, arcivescovo di Philadelphia e presidente del Comitato sulla diversità culturale nella Chiesa, da monsignor Joseph Jude Tyson, vescovo di Yakima e presidente del sottocomitato sulla pastorale dei migranti, rifugiati e itineranti, e da monsignor Mario Eduardo Dorsonville-Rodríguez, ausiliare di Washington e responsabile del Comitato sulle migrazioni, contiene alcune proposte, tra le quali la garanzia «che tutti gli alloggi e i trasporti siano conformi alle attuali linee guida dell’organismo federale della Sanità», «la diffusione di informazioni per una corretta igiene della salute facilmente accessibile in più lingue e infografiche per i lavoratori analfabeti». I responsabili della pastorale per i migranti dell’Usccb chiedono infine alle autorità di «onorare la dignità del lavoro dei braccianti e assicurarsi che venga loro versato uno stipendio sufficiente per coprire i rispettivi bisogni offrendo più particolarmente in questo momento la possibilità di ottenere aiuti per proteggere la loro salute e la loro sicurezza, così come quella delle loro famiglie».

«Insieme a questi problemi di accesso all’assistenza sanitaria e di adattamento sociale, ci sono anche le conseguenze economiche legate alla pandemia che stanno causando effetti devastanti su queste comunità», indicano ancora i vescovi. Molti lavoratori agricoli che dovrebbero restare a casa per problemi di salute vanno invece a svolgere la loro attività in questo periodo come lavoratori essenziali». La sospensione dell’assistenza all’infanzia per le famiglie è un’altra area di interesse correlato, poiché con la chiusura delle scuole alle famiglie vengono a mancare «le opzioni di assistenza accessibili, sostenibili e sicure». Lo stress e l’ansia legati a queste condizioni di vita e alla situazione attuale, nota infine la Conferenza episcopale degli Stati Uniti, contribuiscono all’aumento degli episodi di violenza domestica.

Di fronte a questa drammatica situazione, la Chiesa degli Stati Uniti non resta inattiva. Organizzazioni come enti di beneficenza cattolici, singole parrocchie e altre organizzazioni no profit stanno offrendo assistenza a queste comunità vulnerabili fornendo cibo e coprendo altri bisogni essenziali. Nelle zone in cui vi sono molti braccianti, alcune parrocchie hanno aperto dispense alimentari un paio di giorni alla settimana. Nella diocesi di San José, i gruppi parrocchiali forniscono abbigliamento, cibo e assistenza economica attraverso programmi di beneficenza e collaborano con organizzazioni senza scopo di lucro come il Center for farmworker families di Watsonville. «La parrocchia di Santa Teresa è la più attiva nelle raccolte alimentari, di vestiti e di fondi per i lavoratori agricoli migranti — racconta monsignor Cantú —, organizza ugualmente una festa a Natale e a Pasqua per famiglie di contadini bisognosi e privi di documenti, distribuendo cibo, regali e piñatas. Molti parrocchiani effettuano doni e incontrano queste famiglie e l’intera parrocchia prende regolarmente notizie dei braccianti, la cui situazione viene ricordata nelle omelie e le preghiere dei fedeli».

«Nonostante questi motivi di preoccupazione, in tutta la nazione ci sono tuttavia alcuni segni di speranza nel settore agricolo — rileva l’Usccb —. Molti coltivatori e agricoltori stanno facendo tutto il possibile per proteggere i propri lavoratori e garantire che le linee guida e le misure di sensibilizzazione e di distanziamento sociale siano comunicate e attuate». «Estendiamo la nostra sincera gratitudine a queste aziende — indica il messaggio dei vescovi — con l’auspicio che questa tendenza si estenda in tutto il paese per la protezione, la sicurezza e il benessere di base di tutti i lavoratori agricoli e delle loro famiglie». In California, in particolare, sono stati pubblicati numerosi articoli che sottolineano il ruolo essenziale dei braccianti agricoli e incoraggiano la popolazione a valutare diversamente il loro lavoro.

I presuli concludono il loro testo pregando «per tutti i lavoratori agricoli che affrontano difficoltà e sfide legate o aggravate dal virus, per la loro protezione e sicurezza, mentre provvedono ai bisogni del Paese; e per tutti i lavoratori attualmente disoccupati, affinché il Signore li accompagni».

di Charles de Pechpeyrou