· Città del Vaticano ·

Il cardinale Turkson al policlinico Gemelli per incoraggiare il personale e gli ammalati

«Vi porto il saluto del Papa: non siete soli»

Turkson_4_x.jpg
04 aprile 2020

«Vi porto l’abbraccio del Papa: non siete soli nella lotta contro il coronavirus!». Nel pomeriggio di venerdì 3 aprile il cardinale prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale ha voluto personalmente incoraggiare tutta la comunità di lavoro del policlinico Agostino Gemelli di Roma, in prima linea nell’assistenza ai malati in questo tempo di pandemia. Ad accoglierlo Marco Elefanti, direttore generale della Fondazione policlinico Gemelli, e il vescovo Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università cattolica del Sacro Cuore. Con i sotto-segretari del Dicastero, monsignor Segundo Tejado Muñoz e padre Nicola Riccardi, il porporato ha partecipato al meeting dell’Unità di crisi del policlinico, coordinata dal direttore sanitario, Andrea Cambieri, e dal preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università cattolica, Rocco Bellantone. Nel suo intervento — che pubblichiamo in questa pagina — il cardinale ha trasmesso l’incoraggiamento del Papa a tutto il personale medico-sanitario impegnato nell’emergenza, alle persone colpite dal virus e ai familiari come anche ai cappellani del policlinico, consegnando anche numerose corone del rosario benedette dal Pontefice. E assicurando a ciascuno la preghiera e il sostegno della Chiesa in questo difficile momento di lotta alla pandemia e di prova fisica e spirituale.

A nome di Papa Francesco, e al nome del gruppo Vatican covid-19 Response Team, ultimamente voluto dal Santo Padre, Papa Francesco, porgo il nostro cordiale saluto di buon pomeriggio a tutti.

Vi porto anche il saluto di tutto il nostro Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, che ho l’onore di rappresentare, unitamente ai sotto-segretari monsignor Segundo Tejado Muñoz e padre Nicola Riccardi, che mi accompagnano in questa visita. Il nostro Dicastero è un nuovo ufficio, voluto proprio da Papa Francesco, quasi quattro anni fa, affinché la Santa Sede avesse un unico afflato nel sostenere tutti gli aspetti inerenti alla promozione della persona, colta nella sua integralità, compresa dunque la salute. In questo approccio integrale, dove «tutto è connesso» (Laudato si’, nn. 16; 117), il vostro lavoro è ancora più importante, in quanto tutto ciò che fate si ripercuote sugli altri e contribuisce a realizzare il bene comune.

Siamo molto contenti di poter essere oggi per qualche minuto tra voi. Abbiamo desiderato moltissimo incontrarvi, poiché l’incontro genera condivisione, incoraggiamento, amicizia e da esso scaturisce la prossimità. È proprio la prossimità, articolata in tutte le sue declinazioni, la sfida da accogliere in questo momento così difficile, nel quale siamo chiamati a essere uniti (anche se osserviamo una distanza precauzionale).

In questo senso, mi pregio di portarvi il ringraziamento del Santo Padre per il lavoro che state svolgendo, e i grandi sacrifici che state facendo, voi medici, infermieri, operatori sanitari e cappellani ospedalieri. In verità ogni giorno del vostro lavoro, ma soprattutto in questi giorni, non svolgete una semplice professione, poiché, come diceva san Carlo Borromeo, «in tempi di epidemia, la vostra professione diventa una missione di martiri».

Questo è un momento che si sta rivelando di grande prova, sia fisica che spirituale, per l’intera umanità, in particolare per i malati, per le loro famiglie, per coloro che li assistono. Ciò vale anche per voi che siete in prima linea ogni giorno per salvare e promuovere la vita. Ebbene, voi incarnate in modo eloquente il sentimento della solidarietà e della carità. Diceva san Giuseppe Moscati, grande medico e santo che voi conoscete bene, che «chi sta nella carità sta in Dio e Dio sta in lui».

Il mondo, soprattutto quello dei media, vi ha definito “eroi”. Io credo che voi siete veri “operatori di pace”, che amate la vostra missione, il vostro servizio votato all’altro. Mai come oggi, questo terribile virus che stiamo affrontando, ci mette di fronte all’uguaglianza che caratterizza tutti gli esseri umani provati dal dolore; questa malattia può colpire tutti, indistintamente e senza eccezioni, senza nessun confine. Voi, dunque, non solo portate le cure necessarie, ma — con il vostro lavoro, la vostra dedizione e la vostra presenza — cercate di portare la pace nel cuore delle persone in difficoltà, chiunque esse siano, e dei loro familiari, alimentando così la loro speranza per la vita e per la guarigione. Anzi, siete spesso l’ultimo contatto, l’ultimo “ponte” tra chi lascia questa terra per tornare alla casa del Padre e chi, invece, rimane senza avere avuto la possibilità di dare un ultimo saluto ai propri cari, a causa di questa tremenda pandemia. Tuttavia, siamo oltremodo felicissimi, quando, insieme a tutti gli operatori sanitari, possiamo gioire per chi ha superato la malattia.

Il nostro Dicastero è chiamato a seguire le emergenze ovunque si verifichino, in ogni parte del mondo, non sottacendo che l’Italia è purtroppo uno dei Paesi più colpiti dal covid-19. I dati più recenti ci informano che il numero dei morti è ancora molto elevato, ma sta anche crescendo — grazie allo sforzo e al sacrificio del mondo sanitario — il numero di coloro che guariscono dall’infezione.

Sono nate e stanno nascendo bellissime iniziative di solidarietà, di amicizia e di carità, riscoprendo un’umanità straordinaria e recuperando lo sguardo sull’“altro” che ci sta accanto. In quest’ottica, l’Italia può considerarsi un grande Paese, con un sistema sanitario veramente al servizio di tutti e una classe medico-sanitaria e infermieristica che sta dimostrando valori e qualità inestimabili, unitamente alla ricerca scientifica. Molti di voi hanno lasciato la famiglia, per evitare il rischio del contagio, e ciascuno di voi sta rischiando la propria vita per la salvezza di chiunque abbia bisogno di soccorso e cure.

Mai come oggi, voi incarnate il senso della Pasqua: che è donazione e servizio per la vita di molti.

Dio vede tutto questo.

Il Santo Padre segue con attenzione e premura quanto state facendo, desidera perciò donarvi il suo abbraccio, portarvi la sua vicinanza e il suo incoraggiamento di padre nel proseguire con coraggio e speranza quanto già state facendo in aiuto ai sofferenti. Non siamo soli, e voi non siete soli. Lui stesso ce lo ha ricordato il 27 marzo nel corso della benedizione Urbi et orbi, quando con parole bellissime ci ha invitato ad avere fede e speranza. È vero, il mondo e l’umanità sono nella tempesta, non siamo soli. «L’inizio della fede — ha detto il Papa — è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti da soli, da soli affondiamo. Abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle». Dobbiamo «abbracciare il Signore per abbracciare la speranza».

In questo momento così buio per l’umanità, noi saremo al vostro fianco per quanto ci sarà possibile, cominciando dalla preghiera, che assicureremo a voi, alle vostre famiglie, ai vostri cari e a tutti i sofferenti che, in queste ore, sono nelle vostre sapienti e amorevoli mani.

Vi benedico e vi ringrazio, e, con un po’ di anticipo, vi auguro una buona e santa Pasqua! Grazie di cuore!

di Peter Kodwo Appiah Turkson