Ai giovani il dovere di valorizzare una straordinaria eredità

Il passaggio del testimone

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20 aprile 2020

Sono ancora molti gli italiani che, risparmiati dall’epidemia del coronavirus, si riconosceranno in questo toccante epicedio che corre sul web. Certo, fatta salva di per sé la dignità di ogni uomo, i nonni sono apprezzabili perché rappresentano la memoria storica del nostro paese, alla quale contribuiscono con le loro particolari sensibilità e attitudini, in qualunque ambito siano stati collocati dal personale destino. Sono storie già raccontate nei libri anche da chi non c’era ma non possono prescindere dal vissuto collettivo, da una fattuale, sofferta concretezza.  Ci sono storie grandi, per lo più drammatiche, che segnano un’epoca. Anzitutto la guerra, con i bombardamenti sulle città e le fughe atterrite nell’ululo delle sirene. E prima della pace, la resa dei conti tra Resistenza e fascismo, con i duri affrontamenti nelle pieghe dell’umile Italia contadina. Accadde poi, a distanza di anni, che bande di assassini infestassero le città promettendo a raffiche di mitra uguaglianza e progresso. Ci fu chi, ogni sera tornando a casa con un inutile giubbotto antiproiettile, temeva che qualcuno lo aspettasse dietro l’angolo, che gli toccasse la stessa sorte di un amico “giustiziato”. Ma altre vicende, pacifiche, non riducibili a trattamenti romanzeschi, possono occupare la memoria dei nonni e meritano comunque di essere evocate e trasmesse. La fame, anzitutto, conosciuta nei tempi di guerra, non da pezzenti o sfaticati, ma da larghe fasce della popolazione. (Nasce di là il rispetto, conservato nel tempo, perfino per un tozzo di pane, perché reca l’impronta di un dono elargito dalla natura e valorizzato dal lavoro umano). Vengono poi in mente i benefici della ricostruzione postbellica, il raggiungimento di migliori condizioni di vita, nonostante la persistente, diffusa povertà. Ben prima della Vespa o della 600, la bicicletta poteva apparire un ambito regalo per una promozione scolastica. La radio, antesignana della televisione, raccoglieva intorno al fortunato possessore gli amici a sentire la partita di calcio, come al bar. E poteva accadere che una madre, avvezza a riscaldarsi malamente con la stufa a legna, scoppiasse in pianto passando la mano sul termosifone, conquistato con la nuova agiatezza.  Storie di fatica e tenacia, non limitate ai ceti più umili, di uomini capaci, al loro meglio, di stringersi solidali, e pronti a volare, come gli uccelli di una covata. Non so se andandosene, questi nonni, desidererebbero essere salutati con sessanta milioni di carezze, come vuole il loro generoso zelatore. Gli basta forse che i nipoti già cresciuti e quelli per sempre sconosciuti accolgano il loro passaggio del testimone: aggiungendo un capitolo, augurabilmente più luminoso, a una storia indivisa nel fluire del tempo, verso un imperscrutabile approdo.

di Lorenzo Mondo

 

Il coronavirus e gli anziani

Se ne vanno senza una carezza


Questo è il testo, ampiamente diffuso e condiviso sul web, che ha ispirato la riflessione di Lorenzo Mondo.

Se ne vanno. Mesti, silenziosi, come magari è stata umile e silenziosa la loro vita, fatta di lavoro, di sacrifici. Se ne va una generazione, quella che ha visto la guerra, ne ha sentito l’odore e le privazioni, tra la fuga in un rifugio antiaereo e la bramosa ricerca di qualcosa per sfamarsi.

Se ne vanno mani indurite dai calli, visi segnati da rughe profonde, memorie di giornate passate sotto il sole cocente o il freddo pungente. Mani che hanno spostato macerie, impastato cemento, piegato ferro, in canottiera e cappello di carta di giornale. Se ne vanno quelli della Lambretta, della Fiat 500 o 600, dei primi frigoriferi, della televisione in bianco e nero.

Ci lasciano, avvolti in un lenzuolo, come Cristo nel sudario, quelli del boom economico che con il sudore hanno ricostruito questa nostra nazione, regalandoci quel benessere di cui abbiamo impunemente approfittato. Se ne va l’esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza, il rispetto, pregi oramai dimenticati. Se ne vanno senza una carezza, senza che nessuno gli stringesse la mano, senza neanche un ultimo bacio. Se ne vanno i nonni, memoria storica del nostro Paese, patrimonio della intera umanità.

L’Italia intera deve dirvi grazie e accompagnarvi in quest’ultimo viaggio con 60 milioni di carezze.

di Fulvio Marcellitti