Nuove iniziative della diocesi di Parigi in favore dei più deboli

Reinventare la solidarietà

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30 marzo 2020

Distribuzione quotidiana di pasti a un migliaio di senza tetto, alloggio in camera singola negli edifici di proprietà della Chiesa, numero telefonico gratuito a disposizione dei più bisognosi per ottenere un aiuto finanziario immediato, sostegno scolastico per telefono alle famiglie che non hanno accesso a Internet, e ugualmente per riallacciare i contatti tra carcerati e cappellani: in questo tempo di confinamento obbligatorio, indispensabile per contenere il coronavirus, emerge con accresciuta brutalità la miseria che colpisce le persone emarginate. La diocesi di Parigi sta moltiplicando in questi giorni le iniziative volte a inventare una nuova solidarietà,  nel rispetto assoluto dei provvedimenti in vigore, come spiega al nostro giornale padre Benoist de Sinéty, vicario generale e responsabile dell’assistenza ecclesiale verso i più deboli.

Da alcuni giorni, quindi, la diocesi, in collaborazione con numerosi attori della solidarietà della capitale francese, si è associata all’operazione di distribuzione alimentare organizzata dalla Prefettura e dal Comune, destinata in priorità ai senza tetto ma non solo. Tre i centri di distribuzione che preparano ogni giorno 5000 cestini per il pranzo, una parte dei quali sono distribuiti localmente da 22 parrocchie, a mezzogiorno, al di fuori dalle chiese. La portata di questa operazione ha richiesto la partecipazione di molte persone e un appello per la mobilitazione di volontari è stato lanciato dall’arcivescovo di Parigi, monsignor Michel Aupetit: «Per strada, la situazione è seria, molte associazioni hanno dovuto chiudere i battenti negli ultimi giorni, visto che non è più consentito ai nostri volontari, spesso ultrasettantenni, di uscire. Ecco perché molte persone non ricevono più i loro pasti quotidiani». «Un certo numero di centri di distribuzione è saturo — prosegue l’arcivescovo — e i pochi volontari che sono in azione dall’inizio della crisi hanno bisogno di aiuto. Dobbiamo trovare volontari, giovani e vigorosi, uomini e donne che, pur avendo cura di rispettare i “gesti barriera”, porteranno, distribuiranno, accoglieranno, a volte garantiranno anche  la sicurezza di questi luoghi». Un appello largamente ascoltato: sono oltre 500 infatti le persone che si sono presentate al Vicariato per la solidarietà.

Un altro aspetto riguarda l’alloggio delle persone senza domicilio fisso e delle persone che si trovano temporaneamente nelle palestre, una situazione non conforme alle direttive in atto. «Una soluzione consiste nel proporre camere singole negli alberghi — è quello che sta facendo lo Stato — ma lo si può fare ugualmente nei locali parrocchiali o negli edifici che appartengono alla Chiesa», spiega don Benoist.  D’altro canto, la Caritas di Parigi ha messo a disposizione un numero telefonico che consente alle persone in situazione di precarietà di ottenere un aiuto finanziario immediato: disporre di contanti per sopravvivere è una delle principali  difficoltà che incontrano i più bisognosi, dopo che sono state chiuse le mense per i bambini e per loro stessi.

La vicinanza del Vicariato per la solidarietà si esprime anche attraverso il sostegno scolastico agli studenti. Troppe famiglie modeste e in difficoltà non hanno accesso a Internet nei loro alloggi provvisori, e grazie all’esperienza maturata da associazioni come L’Œuvre d’orient o Action et Prière, la diocesi di Parigi  propone a questi giovani un aiuto telefonico per i compiti scolastici.

In questo periodo di crisi non va dimenticata  neanche la popolazione nelle carceri. «I detenuti non possono più ottenere dei colloqui con le famiglie, e questo crea nuove tensioni e difficoltà», prosegue il vicario generale. Per questo motivo un numero speciale per mantenere il contatto tra cappellani e detenuti è stato creato dalla direzione del carcere de La Santé, uno dei più grandi centri penitenziari di Parigi. 

Infine, va rivista con le associazioni tutta l’attività dei volontari di strada. «Dobbiamo riflettere sulla loro azione, inventare una nuova convivialità — osserva don Benoist — visto che per motivi sanitari non si può più stringere la mano, dare una pacca sulle spalle, porgere un bicchiere d’acqua. D’altronde il vero problema è diventato proprio quello dell’acqua, le fontane pubbliche sono state quasi tutte chiuse e i senzatetto non osano avvicinarsi ai supermercati,  sanno di fare paura ai clienti. Sono cose a cui non si pensa in tempi normali e in una crisi come quella che stiamo vivendo la miseria si affaccia brutalmente, bisogna far fronte a situazioni che non avevamo previsto». «Stiamo riesaminando  tutto — prosegue il sacerdote — ma nello stesso tempo è sorprendente vedere che la presenza dei più fragili — questo è molto evangelico — rivela le fragilità della nostra società: quando tutto si ferma si vedono soltanto i più bisognosi e si scopre la vastità dei loro problemi. Naturalmente questo sarà motivo di riflessione dopo la crisi».

La lotta contro la pandemia potrebbe avere come conseguenza un cambiamento duraturo della missione di solidarietà della Chiesa?  «Certamente — ribadisce don Benoist — per i cristiani in Francia cambierà il modo di percepire il loro impegno al servizio dei fratelli. I fedeli che finora  erano molto attivi nella parrocchia e nei gruppi di preghiera si stanno rendendo conto che oggi la loro missione è quella di far cambiare la cose: il cristiano non vive fuori dal mondo, ma nel cuore del mondo». «Viviamo una traduzione concreta delle parole del Vangelo: a chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto, e per questo motivo — conclude — tutti coloro che per tanti anni hanno ricevuto quello che la Chiesa ha saputo trasmettere devono oggi scendere in campo  in modo esemplare e visibile».

di Charles de Pechpeyrou