«Sirio. Tre seminari sulla cosmologia arcaica»

E le stelle stanno a guardare

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24 marzo 2020

Ci sono libri la cui lettura assomiglia al gettare un sassolino in un pozzo profondo, aspettando di sentire il colpo al momento dell’arrivo per rendersi conto di quanto lo scavo si avventuri dentro la terra, per rimanere sconcertati quando, dopo un tempo che sembra lunghissimo, non si percepisce risposta al nostro gesto curioso.

Sirio. Tre seminari sulla cosmologia arcaica (Milano, Adelphi, 2020, pagine 171, euro 18) raccoglie le conferenze tenute da Giorgio de Santillana con l’allieva Hertha von Dechend nel corso degli anni Sessanta e da allora non più riproposte. I temi sono quelli della storia e la protostoria dell’astronomia: gli autori vanno alla ricerca di tracce di conoscenze astronomiche avanzate in popolazioni delle età antiche che troppo spesso vengono sbrigativamente considerate primitive. Questo sulla base di quello che de Santillana definisce «il peccato originale dei nostri progenitori storici e filologi del XIX secolo che avevano osato applicare lo schema biologico dell’evoluzione alla storia della cultura».

L’evidenza maggiore delle teorie sostenute dagli autori di Sirio, che «asseriscono l’esistenza di conoscenze astronomiche avanzate in epoca neolitica», come sottolinea Mauro Sellitto nella postfazione, proviene da ciò che ci viene tramandato da molteplici fonti in relazione alla posizione di questa stella, la più luminosa del cielo visibile nel nostro emisfero, rispetto alla precessione degli equinozi, meccanismo astrale spiegato da de Santillana con rara chiarezza, permettendo ai lettori di seguire con agio il filo del suo ragionamento. Fra i movimenti della Terra riconosciamo con facilità la rotazione, il girare su se stessa, che dà luogo all’alternarsi di giorno e notte, e la rivoluzione, ossia il percorrere un’orbita quasi circolare attorno al sole, che agendo insieme all’inclinazione dell’asse terrestre produce il fenomeno delle stagioni.

Ne esiste però un altro piuttosto evidente agli astronomi, appunto la precessione degli equinozi, uno spostamento progressivo dell’asse terrestre del tutto simile a quello riconoscibile nelle trottole mentre girano, che si accentua al loro rallentamento, fino a farle cadere. Anche la Terra è a suo modo una gigantesca trottola e il suo asse si comporta in modo analogo, così che il nord che esso indica in cielo, e che adesso punta in direzione della Stella Polare, si muove disegnando un cerchio, per completare il quale occorrono 25.772 anni. Quando ne saranno trascorsi 12.000 l’asse terrestre punterà verso Vega, che indicherà allora il nord.

Sirio, per la sua particolarissima posizione relativa rispetto al Sole e alla Terra, è sembrato sfuggire a questo effetto per 3.000 anni. La conoscenza e la tradizione di questo fenomeno vengono rintracciati da de Santillana e dalla von Dechend in numerosi racconti appartenenti a culture diverse, dagli antichi egiziani agli abitanti delle Samoa, dagli aztechi agli assiri. Migliaia di anni fa l’osservazione del cielo era dunque continua e attenta, capace di riconoscere movimenti insoliti estranei a quelli della Luna e dei pianeti, le cosiddette stelle mobili sulla cui natura ci si è continuati a interrogare fino ai tempi di Galileo Galilei e all’invenzione del cannocchiale.

Le conclusioni alle quali giungono gli autori di Sirio sono forse riduttive, si limitano a constatare che le mitologie di molti popoli antichi recano in sé elementi scientifici più interessanti di quanto comunemente si creda. Aggiungono che il positivismo ottocentesco non ha rivolto loro la dovuta attenzione, relegandole nell’ambito della superstizione. Lo stupore per questi saperi potrebbe spingersi più oltre, suscitare interrogativi antropologici e umanistici maggiori. Far nascere domande. Quali curiosità hanno spinto i nostri progenitori ad alzare gli occhi verso il cielo per osservarlo con tanta attenzione? Che maturità estetica ha permesso loro di ammirarlo in modo così partecipe?

Un rapporto così stretto con le stelle ci dice di una visione del mondo ricca, complessa e consapevole dell’unità del creato, quella stessa che noi moderni andiamo riscoprendo con fatica, seguendo la traccia indicata dall’ecologia per riconoscerci partecipi di una realtà che trascende le nostre capacità di comprensione esclusivamente razionali.

di Sergio Valzania