· Cité du Vatican ·

Quasi del tutto assenti dall’orizzonte culturale odierno e spesso considerate retaggio di una educazione religiosa sorpassata, le virtù umane sono in realtà preziose compagne di viaggio. Giustizia, prudenza, fortezza e temperanza incoraggiano a vivere meglio, a essere più giusti e veri e orientano alla sapienza. In un’epoca in cui fretta, efficientismo, utilitarismo e ansia di affermazione hanno facile sopravvento, «donne chiesa mondo» dedica un numero speciale ad ognuna di queste «quattro stelle non viste mai» scrive Dante «fuor ch’a la prima gente». Sorge tuttavia il dubbio che le virtù non rientrino tra i temi di particolare interesse per una rivista femminile della Chiesa. Ma non è così.

 

Il tema si accorda con l’intento di favorire il dialogo tra mondo e Chiesa, tra Chiesa e altre religioni, tra uomo e donna all’interno della Chiesa, e fuori della Chiesa. Qui sono proprio le virtù umane a fungere da ponte visto che appartengono all’essere umano in quanto essere sociale e ragionevole e allo stesso tempo fanno parte del progetto di uomo e donna come rivelato dal Vangelo. In particolare è necessario rivisitarle e concretamente promuoverle partendo dalle esperienze di donne che le rileggano attraverso categorie e sensibilità femminili: accoglimento, ricettività, altruismo, tenerezza, empatia, delicatezza, pazienza, comprensione, protezione, ascolto. Lo scopo è promuovere un’etica della virtù al femminile che non si concentri solo sull’atteggiamento deontologico, consequenziale e normativo ma anche sul discernere, sull’assistere, sul prendersi cura. Le virtù, che stanno alla base dell’idea di comunità sociale ed ecclesiale, diventano così terreno fertile anche per immaginare futuri ruoli, decisionali e dirigenziali, delle donne nella Chiesa.

La prima “stella” è la giustizia. Su di essa si fondano le altre virtù perché la giustizia attiene al comportamento rivolto non a noi stesse ma agli altri. Di fronte alla parola “giustizia” è facile che vengano alla mente tribunali, processi e carceri o che la si intenda come retribuzione, equità nello scambio o rivendicazione soggettivamente e ideologicamente intesa. Ci dimentichiamo che la giustizia è invece principalmente quella rettitudine che si manifesta nell’impegno di riconoscere e rispettare il diritto di ogni persona dandole ciò che le spetta secondo la ragione e la legge. Per questo la giustizia umana è fondata sul diritto, un diritto irrinunciabile per una società che voglia essere civile e anche per la vita della Chiesa come istituzione.

Dobbiamo poi però capire perché si ha un diritto e cosa spinge al più profondo atteggiamento morale dell’accoglienza, dell’ospitalità, dell’altruismo disinteressato e gioioso. Per i credenti fondamento della giustizia umana — e qui sta il punto — è la creazione divina. Dio ha amato, voluto, creato l’uomo e la donna come soggetti di diritto inalienabile e chi offende tale diritto offende Dio stesso. Non solo. Lui fa giustizia a chi si smarrisce: perdona, riabilita, ama, rende giusti. È in grazia di questa sua giustizia salvifica che anche l’umanità è messa in grado di esprimere giustizia, bontà, amore, perdono, di vivere, cioè, qualcosa di quella giustizia che chiede con “Venga il tuo Regno!” e che Maria esprime col suo Magnificat. Per giungere al Vangelo bisogna allora rispettare la giustizia umana per poi trascenderla avendo come faro l’amore di Dio? Su questo si intende far riflettere. L’invito a farlo giunge, seppur con toni diversi, anche da voci lontane, come quella di Albert Camus che scrive «credo nella giustizia ma prima della giustizia difenderò mia madre».

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