Cicerone, nel suo De Oratore, afferma che «ogni orazione è fatta di
contenuto e di parole: le parole non trovano collocazione se viene a mancare il
contenuto, e il contenuto non si può esprimere con chiarezza eliminando le
parole». È pensiero emblematico dell’importanza che filosofi e scrittori
attribuivano alla retorica, l’arte del parlare bene, fin dall’antichità. Nel
mondo greco-romano, da Aristotele a Isocrate, fino a Cicerone e Quintiliano,
tutti colgono il valore della parola e la forza di un discorso dotato di
argomentazioni solide e di una forma elegante ed efficace. La retorica domina
nella polis democratica e nella res publica, luoghi in cui l’uomo esercitava il
suo diritto/dovere di cittadino, partecipando attivamente alla vita politica
della città. Anche il padre della lingua italiana, Dante, coglie, dietro ogni
scrittura, oltre al senso letterale, un significato anche allegorico, morale e
anagogico.
Oggi, invece, litote, metafora, metonimia, sono solo le figure
retoriche che popolano i peggiori incubi degli studenti che tentano di
orientarsi in quel noioso e complicato ginepraio che è l’analisi del testo.
Quasi sempre restano parole vuote che i più volenterosi imparano a memoria per
guadagnarsi un buon voto e che tutti ritengono, erroneamente, un modo antico e
artificioso che usavano gli scrittori nelle loro poesie. Cecilia Campironi, nel
suo libro di esordio Che figura! (Macerata, Edizioni Quodlibet/Ottimomassimo,
2016, pagine 62, euro 14,50) dimostra che si sbagliano, e di grosso anche.
Le figure retoriche affiorano sulle nostre labbra anche se non ne siamo
consapevoli e nelle pagine del libro assumono sembianze umane, disegnate a
matita dalla sapiente mano dell’autrice. I bizzarri personaggi — tecnicamente
personificazioni — di cui si leggono le avventure, sono tanti, uno più riuscito
dell’altro: c’è il signor Litote, rappresentato nell’atto di fare no con la
testa, così abituato a dire sempre di no che soffre di torcicollo, zio
Cacofemismo, una sorta di ex galeotto dall’aspetto trasandato e dal linguaggio
scurrile, Tony Dissimulatio, con gli occhi coperti da un enorme ciuffo rosso e
le lunghissime orecchie che finge sempre di non capire. Tra le più riuscite è
sicuramente Onomatopea, la diva del teatro che recita le sue “rumorose” battute,
il mago Ossimoro, con la sua straordinaria capacità di rinfrescarsi con il
fuoco, che arriva a chiedere di urlare in silenzio e maestro Allitterazione, un
direttore d’orchestra attento al suono che producono le parole.
Che figura!
è un libro leggero, versatile e di grande utilità che riesce a sdoganare la
retorica e a restituirle il posto che le spetta anche fuori dai libri, nel
linguaggio e nella vita quotidiana. Pregio ulteriore del libro è di essere opera
di una disegnatrice, diplomata all’Istituto Europeo di design impegnata da anni
in laboratori per bambini che, ammette, le hanno fornito gli strumenti per
elaborare un punto di vista diverso, spontaneo e diretto.
Campironi ha
scelto per il suo debutto da scrittrice un tema ostico a tanti e, in apparenza,
lontano anni luce dalla sua formazione. Da studente di liceo classico,
appassionata di letteratura ma poco incline ai tecnicismi, ha fronteggiato le
difficoltà della retorica con la innata capacità di costruire storie e di
giocare con le parole per ricordare gli argomenti più difficili. Ciononostante
ha sempre provato una spiccata curiosità per il linguaggio figurato e ha sempre
amato tradurre in immagini le parole. In seguito, da illustratrice
professionista, ha colto subito nelle figure retoriche «il loro essere prima di
tutto figure, con caratteri specifici che possono essere rappresentati».
Il
libro permette dunque di osservare le immagini e di cogliere la peculiarità di
ciascuna figura, come nel caso di Miss Enfasi che, con gli attributi di un
pavone, ama farsi notare con le sue esagerazioni o Lady Accumulazione che
indossa maglioni e giacche l’uno sull’altro o il capolavoro di Cavalier
Tautologia, che è anche la copertina e che, da un’armatura che ricorda il
cavaliere inesistente di Calvino, pomposa e altisonante, fa uscire un pappagallo
che ripete solo ovvietà. Storie e immagini, inoltre, rivelano i gradi di
parentela tra le diverse figure, tra principessa similitudine e la madre sua
maestà metafora, tra le gemelle sineddoche e metonimia, tra Allitterazione e la
Diva Onomatopea legati da una storia d’amore.
Con approcci diversi, tutti
possono leggere Che figura! o anche solo sfogliarlo. I bambini guarderanno con
curiosità Sir Anastrofe che ha la bocca al posto degli occhi o Maestro Climax
che è capace di tenere in equilibrio su una mano prima un piccolo peso, poi una
cassaforte e, infine, un elefante; gli adulti avranno un’occasione per
riscoprire l’attualità delle nozioni imparate a scuola; infine, potrà essere un
ottimo strumento per gli insegnanti che combattono ogni giorno per aprire i loro
studenti alla meraviglia, alla potenza e alla forza della lingua, quando si è
capace di usarla bene.
di Angela Mattei
Piazza S. Pietro
08 dicembre 2019

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