Pubblichiamo la prefazione, scritta dal vescovo segretario aggiunto del Supremo tribunale della Segnatura Apostolica, al volume di Stefano Rossano «La costituzione apostolica “Pastor bonus”. Evoluzione storico-giuridica e possibili prospettive future» (Aracne, Ariccia, 2014, pagine 286, euro 16).
Quella della Curia Romana — è stato intelligentemente scritto — è la storia delle sue riforme.
E, in effetti, quest’organo ministeriale, di natura squisitamente ecclesiale ma purtuttavia di diritto positivo e quindi perfettibile perché fallibile, e viceversa attraverso il quale il Romano Pontefice suole esercitare il suo primato di giurisdizione, che invece appartiene all’irrinunciabile costituzione divina della Chiesa, sin dal suo aurorale apparire, che può identificarsi col presbyterium Apostolicae Sedis, non ha mai cessato, malgrado periodi di più lunga, ma in realtà apparente, stasi, di rigenerarsi attraverso un divenire normativo che ha avuto i suoi momenti salienti in Sisto V (1588), San Pio X (1908), Paolo VI (1967), San Giovanni Paolo II (1988). Tale sviluppo storico ha corrisposto a formidabili snodi nella vita della Chiesa. Il che è avvenuto, come conseguenza, con la costituzione sistina Immensa Aeterni Dei nei confronti del Concilio di Trento, con la Regimini Ecclesiae universae di Papa Montini rispetto al Concilio Vaticano II, con la Pastor bonus di Giovanni Paolo IInei confronti della promulgazione del Codice del 1983, o, per così dire, giocando d’anticipo, come avvenne con il coraggioso intervento di Papa Sarto, che anticipò e sollecitò di quasi un decennio la promulgazione del Codice del 1917.
Dal presbyterium alla Cancelleria, al Concistoro alle prime Commissioni Cardinalizie, alle Congregazioni Romane, nelle quali, già nel 1920 un prestigioso canonista quale D. Prümmer scorgeva un significativo esempio di «originaria sinodalità permanente», è un complesso cammino nel quale è possibile cogliere la ratio genetica dei vari istituti che compongono la Curia Romana, ed, eventualmente, individuarne il mutamento o addirittura l’eterogenesi. Una storia nella quale non sono nemmeno mancati tentativi e audacie, quali il generoso, e forse qua e là ingenuo, Piano di riforma umiliato a Pio VII di mons. G. A. Sala, poi cardinale, fatto lestamente ritirare per ragioni di opportunità politica dal card. Segretario di Stato Ercole Consalvi, all’epoca plenipotenziario a Vienna per il Congresso, e in seguito ripubblicato nel 1907 da G. Cugnoni, pronipote del Sala.
La presente pubblicazione del dott. Stefano Rossano è il risultato della sua tesi di laurea in diritto canonico e offre la possibilità di ripercorrere le tappe principali di questo iter, il che, nel presente momento in cui — per decisione di S. S. Papa Francesco — si discute di una nuova riforma della Curia e se ne attendono gli esiti, non è certo privo di interesse e di utilità.
di Giuseppe Sciacca
Piazza S. Pietro
13 dicembre 2019

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