Una questione di civiltà
Roma, 14. Una sconfitta di tutti e di ciascuno, perché «bisognerebbe mettere sempre in primo piano la vita di ognuno e il pieno rispetto dei diritti umani». E poi la fatica di una politica comune, perché «a dettare le politiche dell’immigrazione in ambito europeo sono ancora rigorose logiche di difesa della sovranità».
Questi, in estrema sintesi, i “fatti” che emergono dall’ennesima tragedia dell’immigrazione avvenuta lunedì al largo delle coste libiche (cento miglia a sud dell’isola di Lampedusa). Don Francesco Antonio Soddu e monsignor Giuseppe Merisi, rispettivamente direttore e presidente di Caritas Italiana, sottolineano che anche le ultime emergenze «mostrano come la tensione tra la necessità di proteggere coloro che il diritto internazionale ci impone di accogliere e tutelare e la difficoltà di implementare sistemi di accoglienza e tutela sostenibili ed omogenei» crei «una zona grigia nella quale si trovano a vagare, sempre più numerosi, i profughi che giungono sulle nostre coste, spesso purtroppo trovando la morte».
Per monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della
Fondazione Migrantes, nell’emergenza immigrazione «l’Europa deve avere più
attenzione ai propri confini, che sono anche il Mediterraneo e
Gianni Bottalico, presidente delle Associazioni cristiane lavoratori italiane, afferma che «l’Europa non può rimanere indifferente alle tragedie dei migranti nel Mediterraneo» e che «non sono più rinviabili impegni precisi e politiche strutturali e di emergenza al fine di non divenire responsabili del ripetersi di queste tragedie». Si tratta di «una questione di civiltà e di umanità». L’Italia, conclude Bottalico, «non può essere lasciata sola: c’è bisogno del coinvolgimento dell’Europa per intensificare le operazioni di pattugliamento delle coste e garantire a terra l’apertura di canali umanitari per mettere in sicurezza le vite umane».
Piazza S. Pietro
12 dicembre 2019

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