«Gentile ci fa sentire la carne» scrive Vittorio Sgarbi nel catalogo (Firenze, Mandragora, 2014, pagine 312, euro 35) della mostra «Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento»; mostra che, nella Pinacoteca Civica Bruno Molaioli e in altri luoghi eminenti della città marchigiana, sarà possibile visitare fino al 30 novembre prossimo.
Sgarbi, curatore con Giampiero Donnini e Stefano Papetti, si riferisce alla tavola raffigurante le Stigmate di san Francesco della Fondazione Magnani Rocca, uno dei gioielli della esposizione insieme alla Crocifissione di Brera, elemento apicale del Polittico di Valle Romita e alla Madonna col Bambino della Galleria Nazionale di Perugia.
Di fronte a queste opere si capisce la portata della rivoluzione di Gentile da Fabriano il quale, nel primo quarto del xv secolo, sotto il segno del naturalismo, della rappresentazione delicata e affettuosa del vero visibile, è capace di proporre un altro Rinascimento; altro, intendo dire, rispetto a quello razionale e prospettico di Brunelleschi e di Masaccio. Si lascia Fabriano riflettendo sul valore non solo culturale ma anche “politico” di una mostra come questo. Una mostra che entra nel vivo tessuto di una piccola patria italiana, ricomponendone le desiecta membra e offrendo ai visitatori la ricostruzione di una antica storia fatta di dipinti e di sculture ma anche di uomini e di donne, di artisti, di committenti, di comunità civili e religiose; una storia che chiede soltanto di essere conosciuta, studiata, custodita.
Antonio Paolucci
Piazza S. Pietro
18 febbraio 2019

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