A Marawi, città filippina tenuta sotto assedio per cinque mesi nel 2017 dopo l’occupazione da parte di gruppi jihadisti legati al cosiddetto stato islamico, la rinascita passa anche e soprattutto attraverso il dialogo interreligioso. Ne è convinto il movimento Silsilah (in arabo “catena”, “legame”) fondato a Zamboanga, nel sud del paese, da padre Sebastiano D’Ambra, del Pontificio istituto missioni estere. Nelle settimane scorse Silsilah ha organizzato due incontri, a Iligan, nella provincia di Lanao del Norte, e proprio a Marawi, capoluogo della provincia di Lanao del Sur, nella regione autonoma del Mindanao musulmano, coinvolgendo i musulmani di etnia maranao, maggioritari in quella zona. È stata l’occasione, ha detto D’Ambra all’agenzia Fides, per «rilanciare il Forum Silsilah dopo la triste esperienza dell’assedio. La partecipazione è stata incoraggiante, con la presenza di molti leader, specialmente donne maranao, giovani, amici di Silsilah di altre città, nuovi membri che intendono farsi promotori di dialogo e di pace».
L’assedio di Marawi sarà ricordato come una delle più dolorose esperienze a Mindanao; sono morte almeno 1130 persone e il conflitto ha suscitato forti tensioni etnico-religiose nel territorio. «I semi della violenza provengono da ideologie che usano la religione come copertura di piani e strategie geopolitiche, introdotti in passato a Mindanao tramite gruppi come Abu Sayyaf. L’assedio è stato un piano strategico dell’Is con l’aiuto di un gruppo locale chiamato Maute», ricorda il missionario.
Piazza S. Pietro
12 dicembre 2019

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