Caos e violenza infiammano la Libia, divenuta ormai il nuovo fronte dell’offensiva del cosiddetto Stato islamico (Is).
Aerei dell’esercito egiziano hanno colpito questa mattina obiettivi dell’Is in risposta all’uccisione dei ventuno egiziani copti sequestrati a capodanno a Sirte. Anche i caccia dell’aviazione militare libica, fedele al generale Khalifa Haftar che si è detto pronto a collaborare con l’Egitto, hanno partecipato ai raid aerei che hanno interessato soprattutto la città di Derna. Oltre sessanta miliziani jihadisti sono stati uccisi in raid aerei. Stando a fonti della sicurezza di Bengasi, almeno cinque civili sono morti sotto i bombardamenti: si tratta di tre bambini e due donne. Il generale Haftar, pur plaudendo ai raid aerei, ha detto che «un intervento militare terrestre egiziano in Libia non è preferibile».
Dal Cairo, intanto, non si parla di alcuna collaborazione ufficiale con le forze di Haftar. «Confermiamo che la reazione per il sangue degli egiziani» è «un diritto assoluto e sarà applicato», si legge in un comunicato delle forze armate. I raid sono stati lanciati in base «al diritto dell’Egitto di difendere la propria sicurezza e stabilità e come risposta agli atti criminali di elementi e formazioni terroriste all’interno e all’esterno del Paese».
Lo stesso presidente egiziano, Abdel-Fattah El Sissi, aveva rivendicato, alla notizia della decapitazione dei copti, «il diritto di reagire» del suo Paese. Sissi ha incaricato il ministro degli Esteri, Sameh Shukri, di «recarsi immediatamente» a New York per chiedere una «reazione internazionale» al Consiglio di sicurezza.
Piazza S. Pietro
15 dicembre 2019

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