Trafficanti di esseri umani hanno rapito nei giorni scorsi decine di rifugiati della comunità apolide dei rohingya che vivevano in un’area di confine tra Myanmar e Bangladesh, dopo averli ingannati con false offerte di lavoro regolare. I profughi — hanno riferito alla stampa fonti delle forze dell’ordine thailandese — sono invece stati rinvenuti nei giorni scorsi in una piantagione di alberi da gomma della provincia costiera di Phang Nga, distretto di Takua Pa, nel sud della Thailandia, costretti a lavorare in condizioni disumane e senza nessuna assistenza. Due uomini sono stati arrestati con l’accusa di traffico di esseri umani, ha detto ai media locali Nappadon Thiraprawat, funzionario della polizia thailandese. «Il gruppo sarà trattato come vittime di tratta, piuttosto che come immigrati irregolari — ha aggiunto il funzionario — perché non avevano intenzione di recarsi in Thailandia». Dalle indagini è infatti emerso che molti rohingya — considerati dalle Nazioni Unite tra le minoranze etniche più perseguitate al mondo — sono stati portati con la forza (in alcuni casi sarebbe stato usato anche un anestetico) su una barca che si è diretta verso il sud della Thailandia. Migliaia di rohingya — una minoranza musulmana non riconosciuta dalle autorità del Myanmar — sono fuggiti ai disordini scoppiati nel 2012 negli Stati del Rakhine e dell’Arakan, e molti di loro hanno cercato di raggiungere la Malaysia via mare, cadendo spesso nelle mani di trafficanti di esseri umani o morendo in naufragi.
Piazza S. Pietro
05 dicembre 2019

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