Confessarsi «non è come andare dallo psicologo, dallo psichiatra, dal sociologo o semplicemente andare da un amico: prima di tutto, la confessione è l’incontro con Cristo», e questo incontro «dipenderà quasi interamente dal sacerdote». Per questo motivo l’arcivescovo Arthur Roche, segretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, intervenendo giovedì 16 marzo ai lavori del ventottesimo corso sul foro interno promosso dalla Penitenzieria apostolica, più che su singoli casi relativi all’ordo paenitentiae, ha puntato a definire innanzitutto il ruolo del buon confessore: di un prete, cioè, che «prenda seriamente il suo sacro dovere e che sia pronto a essere un ponte per giungere alla grazia di Dio, piuttosto che un posto di blocco».
Al corso — che dal 14 marzo si svolge nel palazzo della Cancelleria e che culmina la mattina del 17 marzo con l’udienza papale e, nel pomeriggio, con la celebrazione penitenziale presieduta dal Pontefice nella basilica di San Pietro — non sono comunque mancati contributi più “tecnici”, con l’analisi e i suggerimenti pastorali riguardo a casi specifici che si possono presentare al confessore durante la celebrazione del sacramento. La cronaca quotidiana, i fatti che maggiormente scuotono le coscienze attraverso il continuo rimbalzare di notizie e di commenti sui media e in rete (eutanasia, maternità surrogata, adozioni riconosciute alle coppie omosessuali) hanno attraversato anche questi tre giorni di studio e di approfondimento per chi è chiamato, nel confessionale, a essere tramite dell’incontro con la misericordia di Dio.
In questo senso, il vescovo Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, prelato canonista e segretario del Pontificio consiglio per i testi legislativi, ha approfondito il tema delle censure con un intervento su «irregolarità e impedimenti all’attenzione del confessore e del penitente», mentre il gesuita Ján Dačok, prelato teologo della Penitenzieria, si è soffermato su alcuni casi di natura morale, come la superficialità della vita spirituale e della testimonianza cristiana nella quotidianità laddove si presentano situazioni in cui è richiesta un’obiezione di coscienza, ma anche su aspetti legati alla morale sessuale, alla vita familiare, alle unioni civili, fino a toccare l’importanza di una sensibilità riguardo peccati contro la giustizia personale e sociale.
Piazza S. Pietro
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