Dopo la mozione parlamentare che lo ha richiesto è stata pubblicata ieri la versione integrale del parere legale raccolto dal procuratore generale Geoffrey Cox per conto del governo Tory sui potenziali contraccolpi giuridici dei punti più contestati dell’intesa. Emerge, tra l’altro, l’ammissione che la Gran Bretagna potrebbe rimanere in sostanza «agganciata ai 27 a tempo indefinito». Inoltre, si legge che i negoziati sulle relazioni future definitive potrebbero prolungarsi per chissà quanto e che, nel frattempo, chiusa dal 2021 la fase di transizione, l’Irlanda del Nord sarebbe tenuta a restare nell’unione doganale e nel mercato unico in base al backstop — il meccanismo richiesto dall’Ue a garanzia del confine aperto con Dublino — anche nel momento in cui il resto del Regno Unito ne uscisse. Questo creerebbe di fatto una barriera fra Londra e Belfast, come se in materia di commerci l’Irlanda del Nord potesse diventare «un paese terzo».
Il documento, in realtà, non rivela nulla che non sia stato
già detto in qualche modo ma si tratta di una valutazione del governo messa per
iscritto, senza giri di parole, in nome della legge. E alimenta le contrarietà
al piano concordato dal premier britannico Theresa May con l’Ue.
Tra i
Tories i più critici — perché convinti che la Brexit dovesse essere più netta —
sono i deputati legati all’ex ministro Boris Johnson, che continua a parlare
dell’accordo May come di una «farsa» nociva per il regno. Ma ci sono posizioni
fortemente contrarie anche tra i deputati nordirlandesi del Dup alleati del
governo.
May aveva presentato una sintesi del parere espresso dagli esperti a
livello legale ma è stata obbligata dall’approvazione in parlamento della
relativa mozione di censura a pubblicare il testo per intero. A presentare la
mozione è stato il laburista Keir Starmer, che ha parlato di «oltraggio al
parlamento».
Il voto sulla mozione è avvenuto proprio nel giorno d’avvio
del dibattito sulla ratifica dell’accordo sulla Brexit. E ieri nel Question
time, Theresa May ha affermato di non aver mai negato che l’accordo fosse
vincolante, né che — per volere di Bruxelles — Londra non fosse riuscita a
spuntare il diritto di ripudiare «unilateralmente il backstop». E ha rimarcato
come il meccanismo in questione resti in fondo solo «una garanzia teorica», non
privo di alternative, e sottolineando come «non sia conveniente per la medesima
Ue intrappolarvi la Gran Bretagna».
Le sue rassicurazioni non hanno
placato l’opposizione che conta deputati dal Labour al capogruppo
indipendentista scozzese dell’Snp alla camera dei comuni, Ian Blackford, che si
è spinto ad accusare il governo d’aver «fuorviato il parlamento». La difesa
d’ufficio dell’accordo è stata affidata ieri al ministro dell’interno, Sajid
Javid, che ha assicurato un sostanziale mantenimento della cooperazione con i
27 sulla sicurezza. E il titolare del commercio estero, Liam Fox, ha usato il
suo intervento per criticare i deputati favorevoli a un referendum bis
accusandoli di «voler rubare la Brexit al popolo».
Oggi Theresa May ha
fatto sapere di aprire a un possibile «ruolo» del parlamento britannico
sull’ipotetica attivazione futura del backstop.
Piazza S. Pietro
21 febbraio 2019

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