Mezzo mondo
Al 31 dicembre 2019 avranno votato quarantotto Paesi, sei in America, diciassette in Europa, tredici in Africa, dodici in Asia e Medio Oriente, oltre all’Australia e all’Unione europea. Le realtà più significative dal punto di vista geopolitico sono la Nigeria, circa 200 milioni di abitanti, che ha votato in febbraio, l’Indonesia, 264 milioni di abitanti, che vota in aprile, l’India, un miliardo e trecentotrentanove milioni, che vota tra aprile e maggio, l’Unione europea, 508 milioni, in maggio.
Sono quattro realtà profondamente diverse. Nigeria, Indonesia e India vengono da un passato coloniale. L’Ue comprende tutti i paesi storicamente colonizzatori. La Nigeria cresce annualmente a un tasso superiore al 2%. L’Indonesia cresce a un ritmo superiore al 5%. L’India supera il 7%. L’Ue si aggira attorno alll’1,3%. Fatta eccezione per l’Ue, dove è in gioco la vittoria dei sovranisti, in nessuno degli altri quattro paesi si attendono sconvolgimenti interni. Ma i problemi non mancano. In India le elezioni costituiscono una sorta di referendum per Narendra Modi, che governa il paese dal 2014 forte della maggioranza assoluta dei seggi in parlamento guadagnata dal suo partito. L’Indonesia è la terza democrazia più popolosa al mondo, dopo l’India e gli Stati Uniti e ha una crescita ragguardevole. Tuttavia il suo problema principale è costituito dal rapporto con la Cina. La Cina è molto presente in Africa come partner per lo sviluppo economico, sociale e culturale. La Nigeria non fa eccezione. In Sud Africa si insegna il mandarino nelle scuole dal 2014, l’Uganda sta pianificando lezioni obbligatorie di mandarino per le scuole superiori; nelle scuole del Kenya il mandarino sarà insegnato a partire dal 2020. Già questi dati impongono una riflessione sugli equilibri geopolitici che sembrano decisamente spostarsi in favore della Cina. Nel prossimo futuro il Washington consensus sarà sostituito dal Beijing consensus?
di Luciano Violante
Piazza S. Pietro
13 dicembre 2019

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