«Poi quando passate la dogana vi fate mettere un timbro sul libretto della macchina». Le ultime parole del consolato rivolte a noi rimpatriati dopo due anni all’estero risuonano questa mattina ironicamente nei nostri pensieri.
La dogana alla frontiera è in verità solo un ricordo di tempi andati e per chi vuol rivedere la propria vettura con targa italiana tutt’altro è l’iter che si prospetta. Lo scrive Ferdinando Cancelli in un racconto di storie di orddinaria burocrazia. Il palazzo della dogana, aggiunge, sorge fuori città e si raggiunge dopo aver percorso qualche chilometro di tangenziale. Non si è ancora in campagna, non si è più in città, si ha piuttosto l’impressione di essere in una terra di nessuno, nascosta dietro un nome tante volte intravisto sfrecciando in macchina verso altre destinazioni. «Che sarà mai questo interporto?» — ci siamo chiesti distrattamente tante volte. Oggi l’abbiamo scoperto.
Piazza S. Pietro
21 febbraio 2019

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