Baghdad, 23. «Lo spostamento forzato dei cristiani di Mosul è un crimine intollerabile. Le atrocità commesse e le pratiche in atto non hanno nulla a che vedere con l’islam, con i suoi principi di tolleranza e convivenza»: è quanto denuncia l’Organizzazione della cooperazione islamica (Oci) che in una dichiarazione rifiuta con fermezza le violenze degli insorti sunniti dello Stato islamico (Is), che il mese scorso hanno preso il controllo della seconda città irachena. Nel comunicato diffuso dal gruppo di 57 Paesi musulmani — ripreso da Misna — il segretario generale dell’Oci, Iyad Madani, ha dato la disponibilità dell’Organizzazione a «fornire l’assistenza umanitaria necessaria alle persone sfollate, in attesa che possano rientrare a casa».
Da settimane il gruppo radicale dello Stato islamico ha avvertito che gli abitanti cristiani di Mosul «devono convertirsi all’islam e pagare un tassa speciale», nel caso contrario rischiano la pena capitale e devono lasciare il capoluogo della provincia di Ninive. Secondo l’ultimo bilancio diffuso dall’Onu, dall’inizio dell’offensiva dei combattenti sunniti, partita da Fallujah (ovest) lo scorso gennaio, in Iraq almeno 5.576 civili sono stati uccisi, di cui 2.400 nel solo mese di giugno, e altri 11.662 sono rimasti feriti.
Intanto, i vescovi iracheni riuniti nei giorni scorsi a Baghdad chiedono a gran voce la solidarietà concreta e coraggiosa da parte di tutti. «Abbiamo fatto un appello a tutto il mondo — ha dichiarato a Radio Vaticana, monsignor Amel Shamon Nona, arcivescovo di Mossul dei Caldei — spiegando quello che è successo ai cristiani di Mosul: un crimine contro l’umanità. Abbiamo chiesto inoltre tre cose importanti: la protezione per noi e tutte le altre minoranze, poi di supportare le famiglie fuggite dalla città di Mosul e di trovare case e scuole per queste famiglie che hanno lasciato tutto».
Piazza S. Pietro
06 dicembre 2019

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