Tensione altissima in Iraq. Le forze di sicurezza hanno annunciato di aver ripreso il controllo della zona verde (quella dove sono presenti i principali uffici governativi e le ambasciate) nella capitale Baghdad, dopo i violenti scontri con i seguaci di Moqtada Al Sadr. Secondo alcuni media locali, ieri sera i dimostranti hanno iniziato a ritirarsi dall’area. Il bilancio degli scontri parla di almeno quattro morti e di decine di feriti.

Un gruppo di sostenitori del movimento di Al Sadr, esponente politico e religioso sciita, è infatti riuscito a penetrare nell’area fortificata. Gli uomini della sicurezza irachena hanno quindi fatto ricorso ai gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Stando a fonti della stampa locale, i dimostranti sono riusciti a entrare anche all’interno del Parlamento e perfino nell’ufficio del premier. Lo scorso 30 aprile migliaia di sostenitori dell’imam sciita avevano fatto irruzione nel Parlamento, costringendo i deputati a fuggire. I manifestanti chiedevano al capo del Governo di attuare al più presto le riforme. Nello specifico, i seguaci di Al Sadr chiedono una più energica lotta alla corruzione e la nascita di un esecutivo tecnico non agganciato al sistema delle quote etniche e tribali. Al Sadr fondò l’Esercito del Mahdi nel giugno del 2003 per combattere le forze di occupazione in Iraq. Figlio di Mohammed Sadeq, storico leader sciita ucciso nel 1999 a Najaf dagli uomini di Saddam Hussein, Al Sadr — che controlla 25 deputati ed è di origine libanese — sta riuscendo ad accreditarsi come il punto di riferimento del crescente malcontento popolare degli sciiti in Iraq. La decisione di contestare il premier Al Abadi, anch’egli sciita, e di irrompere nel Parlamento segna ora — dicono gli analisti — una frattura profonda all’interno della stessa comunità sciita irachena. Con conseguenze difficili da prevedere. Intanto, le violenze continuano anche in Siria.
Piazza S. Pietro
09 dicembre 2019

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