Grande rilievo ha avuto, sui media internazionale, l’atroce assassinio di don Jacques Hamel, l’anziano sacerdote sgozzato, martedì 26, da militanti del sedicente Stato islamico durante la messa in una chiesa della Normandia. Le prime pagine dei maggiori organi di stampa, da «The Times» a «Le Monde», dall’«International New York Times» al «Jerusalem Post», dall’«Abc», dall’«Independent» al «Financial Times» sottolineano l’orrore di quanto accaduto.
«El País» mette in evidenza che il Vaticano si rifiuta di blindarsi contro il terrorismo e ricorda la posizione della Santa Sede a favore del dialogo, che rigetta ogni forma d’odio e di scontro tra culture e religioni, citando esplicitamente le parole del direttore della Sala Stampa della Santa Sede e quelle dell’Osservatore Romano.
Nel principale editoriale del «Messaggero», Lucetta Scaraffia sottolinea che «la sorte del sacerdote vuole farci credere che è in corso una guerra di religione fra musulmani e cristiani» e ricorda che «abbiamo fatto di tutto per sfuggire a questa definizione che ci riporta a tempi antichi». Di conseguenza, sottolinea l’editorialista, non si deve cadere «nella trappola dei fanatici che vogliono scavare precipizi di odio fra musulmani e cristiani, che vogliono trasformare l’assurda guerra mossa dai terroristi in una carneficina generale».
In un commento, su «la Repubblica», Marek Halter si chiede se i musulmani siano con noi o contro di noi. «È su questo nodo cruciale — sottolinea — che si insinua la strategia del terrore e che dobbiamo leggere i fatti di Rouen». E l’unica strada per uscire dalla crisi, secondo Halter, è quella che vedrà «i musulmani sul nostro stesso cammino, nella nostra stessa piazza, a reclamare la fine di questa assurda violenza».
Ilan Evyatar sul «Jerusalem Post», mette in evidenza che l’assassinio di Hamel rappresenta il primo atto di guerra, per mano dell’Is, contro l’Europa cristiana: finora simili atti di sangue, diretti contro obiettivi religiosi, erano stati compiuti in Iraq e in Siria.
Dal canto suo «The Guardian», in un articolo di Stephanie Kirchgaessner, sottolinea che l’omicidio perpetrato nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray apre «una nuova frontiera» per la Chiesa cattolica. Si osserva che la violenza scatenata dagli jihadisti ha investito finora aree già segnate da conflitti. Nel marzo scorso, per esempio, l’Is aveva ucciso quattro suore e rapito un sacerdote, Tom Uzhunnalil, di cui poi non si sono avute notizie. L’attacco compiuto nella chiesa in Normandia si pone dunque, rileva «The Guardian», in un’altra prospettiva, perché la Francia — sebbene già duramente colpita, e anche di recente, da sanguinosi attentati — non è un Paese in guerra. E quanto accaduto martedì 26, sottolinea «The Guardian», è prova che i religiosi sono ora diventati un bersaglio degli estremisti. Si ricorda che già in passato i terroristi avevano pianificato attacchi contro chiese in Francia: nel 2015, per esempio, la polizia aveva sventato un attentato a due edifici di culto a Villejuif, un sobborgo a sud di Parigi. Ma l'assassinio dell'anziano sacerdote rappresenta un tragico primato: è la prima volta che un attacco contro simboli religiosi raggiunge il suo scopo.
Anche l’«International New York Times» evidenzia che l'assassinio dell’anziano sacerdote rappresenta «un tragico passo in avanti» nell'avanzata del terrorismo in Europa, rimarcando che colpire un uomo di religione, che incarnava il desiderio di pace e di dialogo, non può non costituire un segnale inquietante per l'Europa, chiamata, ora più che mai, a trovare soluzioni, tempestive e adeguate, a un'emergenza di proporzioni sempre più vaste.
«The Wall Street Journal», in un articolo di prima pagina, pone l’accento sul fatto che la strategia del terrore, pianificata dall’Is, si stia sempre più ampliando, tanto da colpire a morte simboli religiosi e violare la sacralità di una chiesa: un atto orrendo che finora, per mano dei militanti dell’Is, l’Europa occidentale non aveva mai conosciuto.
Sull’impegno del sacerdote assassinato a favore del dialogo con i musulmani pone l’accento Elisabetta Rosaspina, in un articolo sul «Corriere della Sera» intitolato «Il prete amico dell’imam». Chi lo ha ucciso, sottolinea Rosaspina, non sapeva che don Hamel credeva fermente nel dialogo fra le religioni: anche su questo si misura la grandezza di un sacerdote di provincia.
Piazza S. Pietro
07 dicembre 2019

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