Una ferita che non si è mai chiusa. Vent’anni dopo il primo atto d’accusa, il 25 luglio 1995, il Tribunale internazionale dell’Aja (Tpi) ha condannato ieri in primo grado a 40 anni di carcere Radovan Karadžić, responsabile (assieme a Ratko Mladić) dei crimini e delle atrocità commesse dai serbi nella guerra di Bosnia, che tra il 1992 e il 1995 provocò 100.000 morti e oltre due milioni di profughi. Karadžić (70 anni) era presente alla lettura della sentenza.
«Un giudizio che segna un
passo verso la giustizia, ma che non riconsegna le vittime alle proprie famiglie
e che non sana del tutto la malvagità della guerra» ha detto il cardinale Vinko
Puljić, presidente della Conferenza Episcopale di Bosnia ed Erzegovina. Dopo una
latitanza di 12 anni grazie a colpevoli connivenze non solo serbe, Karadžić è
stato arrestato a Belgrado nel 2008 per essere solo ieri riconosciuto
colpevole, dopo un processo durato sei anni, del genocidio di Srebrenica del
luglio 1995. Quattro mesi prima, hanno accertato i giudici, Karadžić aveva dato
l’ordine, in quanto capo supremo delle forze armate, di conquistare Srebrenica.
E quando i suoi ufficiali, con i quali era in contatto durante le operazioni di
conquista della cittadina — che sarebbe dovuta essere “protetta” dalle Nazioni
Unite — portarono nella vicina Bratunac i primi duemila prigionieri musulmani,
Karadžić, secondo quanto hanno accertato i giudici dell’Aja, ordinò di uccidere
i prigionieri. Tutti i maschi, fra i 14 e i 65 anni, furono trucidati e sepolti
in fosse comuni. Karadžić — definito dai media internazionali “il macellaio” — è
stato anche riconosciuto personalmente colpevole della «impresa criminale
congiunta» dell’assedio di Sarajevo, e inoltre, di persecuzioni, stermini,
deportazioni, uccisioni, trasferimenti forzati, attacchi contro civili, come
crimini contro l’umanità e violazione delle leggi e costumi di guerra, ed è
responsabile per la presa dei caschi blu come ostaggi.
È invece caduto il
primo capo d’accusa per genocidio a Bratunac, Prijedor, Foča, Kljuć, Sanski
Most, Vlasenica e Zvornik, poiché il collegio dei giudici non si è convinto che,
nonostante i crimini commessi, ci fosse l’intenzione di sterminare parzialmente
o del tutto le comunità non serbe, e, quindi, di commettere il crimine di
genocidio.
Piazza S. Pietro
14 dicembre 2019

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