E se il Liberty
Per me, romagnolo di Rimini, il Liberty comincia a metà del XV secolo quando Sigismondo Malatesta, un signore della guerra che era vicario di Santa Chiesa e autocrate della città adriatica, ordina ad Agostino di Duccio di decorare a rilievo la sua chiesa mausoleo. Ho sempre pensato che quegli angeli musicanti e quei putti che si ritagliano a stiacciato contro il fondo azzurro nella Cappella di Isotta e in quella detta dei Giochi infantili nel Tempio di Rimini, disegnati da linee elastiche e melodiose, ispirati a un soave edonismo, sembrano fatti apposta per essere tradotti in maiolica o in affresco per il decoro di stabilimenti termali o di grandi alberghi belle-époque.
Il Liberty si afferma in Italia come l’immagine estetica di un Paese che vuole liberarsi dal passato, che vuole essere e soprattutto apparire moderno. Il nome stesso che il movimento si è dato alle nostre latitudini, è promessa e impegno di libertà intellettuale, di emancipazione dalle asfittiche strettoie rappresentate dalle Accademie, dalla tradizione, dalle scuole locali. Il Liberty viene accolto come un vento innovatore che con felice impazienza spazza da un capo all’altro l’Italia di Francesco Crispi e di Giovanni Giolitti.
Estetismo e simbolismo, esotismo ed edonismo, una idea del mondo visibile come colorato prodigio di stupore e di eleganza, il fiore e la linea insinuante e rampicante della vita vegetale assunti a cifra stilistica di riferimento, una società abitata da uomini e donne di squisita eleganza e di inusuali costumi come i protagonisti del Piacere di D’Annunzio, l’Antico bizantino e medievale riproposto in chiave mistica e parnassiana. Tutte queste cose hanno fatto il gusto e l’aura intellettuale e sentimentale del Liberty. Con una avvertenza tuttavia. Ormai nella età della produzione industriale di massa quel gusto, quelle idee e quei sentimenti potevano diventare decori ed arredi, abiti, mobili ed oggetti della suppellettile domestica accessibili a vasti settori della società. Grazie al Liberty possiamo dire che per la prima volta nella storia, nel ventennio che precede lo scoppio della Grande Guerra, la borghesia, anche quella media e piccola, ha avuto il suo stile. In Italia come nel resto del mondo.
Antonio Paolucci
Piazza S. Pietro
21 febbraio 2019

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