Donne e denaro è il tema di questo numero. Binomio antico nella difficoltà quotidiana delle donne povere di far quadrare i bilanci familiari, binomio che, al contempo, incarna storicamente l’impotenza femminile. Per secoli, infatti, alle benestanti fu proibito amministrare il proprio patrimonio senza l’intervento dell’uomo di riferimento, marito o padre che fosse. Ma in questo panorama negli ultimi secoli in occidente ha trovato spazio un’altra figura, a riprova della concreta capacità femminile di saper trasformare il denaro in occasioni di crescita e di vita, una figura che è emersa proprio nella storia della Chiesa.
È qui, infatti, che nell’Ottocento si riscontra il fiorire di notevoli capacità imprenditoriali femminili. Tentativi riusciti grazie alla tenacia di donne costrette a confrontarsi con uomini nient’affatto ben disposti. Ci riferiamo alle tante fondatrici di congregazioni di vita attiva che, intraprendendo un fecondo percorso di cristianizzazione della società proprio nel momento in cui essa si stava secolarizzando, si rivelarono capaci di creare un’imponente rete di opere assistenziali (scuole, ospedali, orfanotrofi, strutture di assistenza a poveri ed emarginati) dimostrando eccezionali capacità nel cogliere i bisogni e individuarne le soluzioni. E nel farlo con autonomia e creatività, confrontandosi con i nuovi equilibri sociali, le fondatrici furono le prime donne ad amministrare da sole e con successo somme ragguardevoli di denaro. Le nuove fondazioni furono dunque tali anche, se non soprattutto, per il loro assetto economico. Mentre le istituzioni femminili precedenti nascevano e resistevano nel tempo solo laddove fossero garantite da una sicurezza economica alle origini, le nuove congregazioni rovesciano la regola: nascono con un capitale iniziale minimo, a volte addirittura nullo. Le suore non portano quasi mai una dote al momento della professione, ma è con il loro lavoro che contribuiscono a garantire il sostentamento della congregazione, conquistandosi così la stima della comunità. Una lezione che va ricordata: le fondatrici furono infatti costrette non solo a procurarsi i fondi per sostenersi, ma soprattutto a gestirli in modo dinamico e produttivo, impegnandosi in autentiche attività imprenditoriali, senza accontentarsi dei primi risultati ma ampliando continuamente le iniziative, anche a costo di indebitarsi considerevolmente. Molto spesso ignorata o messa a tacere, è però indubbio che l’emancipazione femminile e della Chiesa sia passata anche da qui. E da qui può e deve ripartire, come dimostrano i contributi di questo numero. (g.g.)
Piazza S. Pietro
06 dicembre 2019

Molte cose da dirgli
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