Sono tanti i modi possibili per approfondire la conoscenza di una grande figura intellettuale del Novecento. Uno di questi potrebbe essere la visita alle tre abitazioni cilene di Pablo Neruda, divenute musei gestiti dalla fondazione omonima. Ciascuna con il suo marchio, infatti, le case trasmettono il profondo attaccamento del poeta per la quotidianità, quell’attenzione ai dettagli che trabocca nella poesia di un autore divenuto celebre anche per la sua capacità di mettere in versi il popolare, l’umile e la semplicità. Se la vita è mutevole, cresce nel tempo e dal tempo è cambiata, così le tre abitazioni di Neruda — Isla Negra, Santiago e Valparaíso — sono luoghi non finiti perché continuamente rimaneggiati, in grado di trasformarsi nel tempo, come avviene alla marea e alle esistenze di popoli e persone.
Per
Neruda, l’arte del costruire non è legata a un progetto, ma alle immagini
indotte da ciò che le pareti si trovano attorno: una luce, uno scorcio, un
oggetto necessitanti il supporto di un ambiente. Se è soprattutto il mare a
farla da padrone (anche nella casa di Santiago, la sola a non trovarsi
sull’oceano), è attorno all’enorme cavallo di legno che viene costruita una
stanza nell’abitazione di Isla Negra. Lo spazio è manipolabile e inventabile a
piacimento: la casa non si modifica all’interno, ma si estende man mano che
crescono esigenze e bisogni.
La prima a essere acquistata e convertita fu
quella a Isla Negra, su un promontorio spazzato dal vento a picco sul Pacifico.
È il 1937 quando Neruda inizia a cercare un posto in cui scrivere quello che
sarebbe diventato il suo Canto General, grande libro sulla storia e sulla natura
americana. Rispondendo all’annuncio su un quotidiano, Neruda scopre questa
piccola casa in una caletta di pescatori quasi deserta, rimanendo folgorato
dalla spettacolare vista sul mare. Acquistatala dal marinaio spagnolo Eladio
Sobrino nell’inverno del 1943, il poeta comincia ad apporvi la prima serie di
aggiunte, proseguite fino al 1965, con l’aiuto dell’architetto catalano Germán
Rodríguez Arias prima e poi con quello dell’architetto e amico Sergio Soza. Per
trovare l’abitazione occorre domandare, non ci sono cartelli — i cileni non ne
hanno bisogno, tutti sanno dov’è.
Amava avere ospiti, Pablo Neruda, eredità
della sua infanzia, e le sue case lo dimostrano. A Isla Negra l’appuntamento era
per le
Fiestas Patrias ogni 18 settembre. Anche nel 1973, anno
terribile della storia cilena, invitò gli amici, ma quanti lo raggiunsero
portarono notizie terribili dalla capitale. Il giorno dopo il poeta, gravemente
malato, fu trasportato in ambulanza all’ospedale Santa María di Santiago. Triste
rituale che si sarebbe propagato come un’onda, la casa fu subito devastata dai
militari.
Stessa sorte per la casa di Santiago, la Cascona, costruita ai
piedi del Cerro San Cristóbal (che prende il nome dai capelli ricci e ribelli
della moglie Matilde). Anch’essa, infatti, a seguito del colpo di Stato, fu
preda di vandali: il 23 settembre 1973, mentre il poeta stava morendo, fu
saccheggiata e inondata con l’acqua del canale che scorreva in giardino.
Esattamente vent’anni prima, la costruzione della casa era stata affidata
all’architetto Germán Rodríguez Arias, che inizialmente la progettò orientandola
verso il sole, in direzione della città: Neruda però preferiva l’affaccio sulle
Ande, e così il progetto venne girato. Sarà solo una tra le mille variazioni
volute dal poeta, che cercò personalmente i materiali, definì i dettagli e
discusse ogni particolare.
«Sento la stanchezza di Santiago — scrive Neruda
nel 1959 a un’amica —. Voglio trovare a Valparaíso una casetta per vivere e
scrivere tranquillo». Nasce così
La Sebastiana, terza e ultima
abitazione, in cima alla collina nel cerro Bellavista, a Valparaíso, da dove
Neruda guardava i fuochi d’artificio di Capodanno. La casa venne inaugurata il
18 settembre 1961: per l’occasione Neruda scrisse la poesia La Sebastiana,
inclusa nella raccolta
Plenos Podres. Le salite e le discese, così
tipiche della cittadina, continuano anche all’interno della struttura: salendo
per le scale interne, è un po’ come salire per le salite di Valparaíso, un
accumulo di case in lamiera, coloratissime e arroccate sul monte che scende a
picco sul mare. E come per la cittadina, man mano che si sale nella casa si è
ricompensati dalla vista, sempre più ampia, sul porto. È stretta su quattro
livelli La Sebastiana, tra angoli e oggetti che rapiscono con le loro storie,
lucernai su pareti azzurre, gialle, rosa, verdi, e le grandi finestre rendono il
porto di Valparaíso e il mare un elemento architettonico.
Dettagli e mare: è la poesia di Neruda, e l’anima delle sue case.
di Giulia Galeotti
Piazza S. Pietro
16 dicembre 2019

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