L’ultimo romanzo di Tommy Wieiringa, Questi sono i nomi (Milano, Iperborea, 2014, pagine 336, euro 17), tratta temi attualissimi — l’emigrazione e la vergognosa tratta che ne fanno coloro che si offrono a questi disperati, ad altissimo prezzo, come soccorrevole àncora di salvezza, pronti invece ad abbandonarli a una morte certa — ma raccordandoli con i temi che sono propri di tutta la sua narrativa e che abbiamo trovato, ad esempio, nell’altro romanzo tradotto e pubblicato in Italia da Iperborea, Le avventure di Joe Speedboat (2009).
Qui lo stesso titolo richiama il motivo che era già centrale nel precedente romanzo, quello del nome.
Il nome è l’identità, significa
un’appartenenza per Wieiringa, e i suoi personaggi, il Joe Speedboat dell’altro
romanzo, i sopravvissuti emigranti di questo e ancor più, forse, il capo della
polizia Pontus Beg, sono alla ricerca di questa appartenenza.
In Joe
Speedboat era detto: «Nella Bibbia alcune figure cambiano nome quando la loro
vita si trasforma radicalmente (...) Grazie al loro nuovo nome gli uomini di Dio
sono diventati altre persone».
Qui il ragazzo, quello dei disperati che
sembra più impersonare quel vitalismo che era proprio dei protagonisti del
precedente romanzo e il solo che alla fine avrà una possibilità, dà di sé al
capo della polizia Pontus Beg un nome diverso da quello che aveva dato agli
altri compagni di viaggio e noi non sapremo mai quale sia quello vero. Comunque
la sua possibilità di salvezza sarà solo a costo di cambiare identità, di
cambiare lingua, religione, di rinascere nuovo, come potrà accadere del resto
anche a Pontus Beg, dopo il bagno rituale che lo farà essere, appunto, “nuovo”,
quando non pensava ormai più che potesse succedergli una cosa simile.
La
narrazione procede su due piani paralleli, alternativamente capitolo per
capitolo, l’uno che ci narra l’odissea di sette (che poi diverranno sei e poi
cinque) ombre senza nome, morti viventi, e l’altro che ci descrive in
contemporanea le vicende di un piccolo avamposto nella steppa, un paesino quasi
abbandonato, il cui capo della polizia, Pontus Beg, solo, senza speranze, perché
senza radici, improvvisamente e inaspettatamente scopre un’appartenenza, e per
giunta molto importante e impegnativa, come quella ebraica.
Piazza S. Pietro
12 dicembre 2019

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