· Città del Vaticano ·

Il cardinale Parolin alla presentazione del libro di Ignazio Ingrao «Cinque domande che agitano la Chiesa»

Sulle riforme del pontificato
nessuna inversione di marcia

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25 aprile 2024

Che fine faranno le riforme intraprese dal Papa? Quei «processi» sulla evangelizzazione, sul ruolo delle donne e dei laici e ancora altri, avviati oppure in itinere non per occupare spazi — come già diceva san Giovanni xxiii — ma per suscitare riflessioni, domande e soprattutto risposte per la Chiesa e il mondo di oggi? Il quesito è uno delle Cinque domande che agitano la Chiesa, come recita il titolo del libro del giornalista Ignazio Ingrao, vaticanista del Tg1, edito da San Paolo, presentato ieri pomeriggio, mercoledì 24, a Roma, in una affollata Sala Spadolini del Ministero della cultura italiano. Un volume di larghe vedute e ampie sfaccettature che spaziano dalla cronaca e le notizie di attualità della Chiesa universale — le nomine in Curia o l’espansione delle chiese pentecostali in America Latina —, al magistero di Papa Francesco e i documenti della Santa Sede. Non ultimo Fiducia supplicans.

È stato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, a soffermarsi su ognuno degli interrogativi posti dal libro, a cominciare dall’ultimo, quello appunto sui processi avviati in questi undici anni di pontificato: «Che fine faranno le riforme intraprese da Papa Francesco?». A questa domanda, ha detto il cardinale — seduto al banco dei relatori con il ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano — «se ne aggiunge una che suona per alcuni come minaccia per altri come illusione: c’è il rischio di un’inversione di marcia?».

«Per tentare di dare una risposta», il porporato si è affidato allora alle parole della Lettera di Giacomo: «Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore…». Ecco, ha aggiunto il segretario di Stato, «il discernimento, che non è semplicemente intuito ma frutto di una continua preghiera nello Spirito, indicherà, nel tempo disteso di chi sa essere paziente, come proseguire e cosa rendere istituzionale. Proprio perché è azione dello Spirito non ci potrà essere una inversione di marcia».

Dunque di «processi irreversibili», come ha detto lo stesso Ingrao nella sua introduzione, a cui dovrebbe corrispondere «una risposta pastorale» che è «importante e necessaria ma non sufficiente» perché «serve una risposta etica e morale». Parolin si è riallacciato a queste dichiarazioni dell’autore, ricordando anche la nota locuzione latina Ecclesia semper reformanda e la Lumen gentium in cui si affermava che la Chiesa, «che comprende nel suo seno peccatori», «avanza nel cammino della penitenza e del rinnovamento».

Nel suo intervento il cardinale ha riflettuto poi sul verbo contenuto nel titolo del libro di Ingrao, «agitano»: «Sembra invitare il lettore — ha detto — a sfogliare il testo con quella consapevolezza e quella prudenza con cui ci accostiamo alla narrazione di una situazione di turbamento e di spavento che ritroviamo nel Vangelo di Matteo» con l’episodio della barca in tempesta. «Ogni traversata, anche quella della storia, è una traversia», ha sottolineato il porporato, «le difficoltà possono essere lette non solo come agitazione, non solo come pericolo, ma anche come opportunità»; questo è «parte della sapiente pedagogia di Dio con cui Lui ci educa, ci fa maturare e progredire».

Una ad una Parolin ha poi analizzato le cinque domande. La prima, anzitutto: un «affresco sui giovani», sempre in bilico tra l’essere «esploratori» o «avamposti di una società distratta dai social». Giovani dalla sensibilità ecologica e sociale, di cui si devono «risvegliare i veri sentimenti e la capacità di sognare». Sulla seconda domanda, incentrata sul «fascino» esercitato in Europa e soprattutto in America Latina delle chiese pentecostali, il cardinale ha riportato le diverse opinioni su tale fenomeno, tra chi parla di una conseguenza del sostegno economico degli Usa «per contrastare la deriva marxista alimentata dalla teologia liberazione» e chi invece coglie un paradosso: «La Chiesa ha scelto i poveri e i poveri hanno scelto i pentecostali». Parolin ha voluto invece ribadire quanto affermato tante volte da Benedetto xvi e Francesco: «La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione».

Di stretta attualità anche la terza domanda sull’apertura a laici e donne: «È reale o solo di facciata?», domanda Ingrao nel libro. E Parolin ha risposto proprio con le parole del volume in cui si ricordano le esperienze delle donne che per Francesco hanno un punto di vista privilegiato. Donne che offrono un contributo alla Chiesa «secondo il modo loro proprio, prolungando la tenerezza di Maria». Donne che sono tra le tematiche al centro del Sinodo sulla Sinodalità del quale si sta preparando la seconda fase.

«Urgenze antropologiche» che aprono alla quarta domanda su inizio e fine vita, frontiere della medicina e questioni del gender: «Tematiche bisognose di molta riflessione», ha detto il cardinale, per cui — ha aggiunto, citando l’autore — «non si tratta di cercare risposte che siano più o meno al passo con i tempi o schierate in difesa della morale tradizionale. Quanto piuttosto di far maturare un nuovo umanesimo che, radicato nel personalismo cristiano, sappia rispondere agli interrogativi di oggi».

Da parte sua, il ministro Sangiuliano ha ricordato l’importanza della sacralità della Chiesa che, ha detto, «è sopravvissuta a tutto perché risponde al bisogno interiore degli esseri umani», risponde, cioè, «al bisogno filosofico di credere in Dio», unico a poter «salvare».

Da Ingrao, infine, un ringraziamento al segretario di Stato per la sua continua disponibilità a fermarsi a rispondere alle domande dei giornalisti in ogni evento pubblico: un gesto «di grande rispetto per il nostro lavoro». Ma soprattutto «un messaggio profondo al di là dei contenuti: la risposta di una parola mite, che serve alla crescita dell’altro. In un mondo di parole violente che feriscono e dividono, quella del cardinale è la parola della Chiesa che può apparire una parola disarmata», laddove invece è una parola di forza che è anche la cifra della diplomazia vaticana. La forza, cioè, «costruita sull’incontro con l’altro». 

di Salvatore Cernuzio