· Città del Vaticano ·

La buona Notizia
Il Vangelo della III domenica di Pasqua (Lc 24, 35-48)

Quei due discepoli
siamo tutti noi

 Quei due discepoli siamo tutti noi  QUO-081
09 aprile 2024

L’incontro di Emmaus è uno dei più belli dei vangeli, peraltro presente soltanto in quello di Luca; non a caso ha sempre attirato l’interesse degli artisti, pensiamo ai quadri di Rembrandt. Quei due discepoli prima sfiduciati, poi infervorati, siamo tutti noi: credenti e increduli, fiduciosi e affranti, carichi di energia propositiva e precocemente delusi, sfibrati immediatamente dopo essere stati protagonisti di un evento memorabile, bisognosi di conferme, fragili e forti al tempo stesso. Gesù è fra noi, eppure non lo riconosciamo se non quando spezza il pane della benedizione. A quel punto vorremmo abbracciarlo ma lui, dopo essersi mostrato in carne e ossa, parlando come il vero maestro che ricordavamo, torna a sottrarsi alla nostra vista; altrimenti, ammettiamolo, se così non fosse, non ci sarebbe libero arbitrio, né dignità umana; ogni scelta sarebbe privata del proprio fondamento.

Tutto questo lo sappiamo, eppure resta nel racconto una dolcezza infinita, derivata anche dal languore del tramonto, al termine della giornata: un irripetibile gioco di luci e ombre, memorie e sottintesi, emozioni indicibili, legate ai nuclei profondi dell’amicizia, del tempo che scorre inarrestabile, del senso che siamo chiamati ad attribuire alle nostre esistenze, in un continuo scambio fra ciò che facciamo e ciò che pensiamo. Esperienze trascorse e già bruciate, pronte a rinnovarsi: dipende sempre da noi, da come vogliamo prendere posizione; si tratta di atti di volizione individuale perché un qualsiasi fatto, al di là della sua flagranza, rischia di ridursi alla visione di chi lo riporta. Questo corrisponde alla responsabilità di cui disponiamo, nella quale vertiginosamente s’intrecciano solitudine e coralità. Il giovane rabbi divide il pane con noi ogni giorno: è la grande sfida del cristianesimo. 

di Eraldo Affinati