· Città del Vaticano ·

La storia di Carola Le violenze, l’abbandono e una sola preghiera

Quelle ferite che non guariscono

 Quelle  ferite  che  non guariscono  ODS-019
02 marzo 2024

Si chiama Carolina, io, però, l’ho sempre chiamata Carola. Ci siamo conosciute anni fa in un istituto di suore dove facevo volontariato. Aveva 45 anni e una vita di strada alle spalle. Tra noi è nata, da subito, una facilità di comunicazione, con un bisogno visibile da parte sua di essere ascoltata: attendeva sempre il mio turno di volontariato. Appariva forte, determinata e selettiva in molte cose, per un meccanismo di difesa, spiegava. Poi, improvvisamente, andava giù e cercava la compagnia per parlare. Manifestava, ogni tanto, la preoccupazione di non poter restare molto tempo in istituto e quindi di finire, di nuovo, in strada. Cominciò a parlarmi dei suoi figli che non vedeva più. Io chiedevo come mai, e lei mi rispondeva che un giorno mi avrebbe spiegato tutto.

Di lì a poco, dovette lasciare l’Istituto e tornare in un dormitorio, mentre di giorno aveva la sua panchina alla stazione. Ogni tanto passavo a salutarla e le portavo il necessario di cui aveva bisogno. E poi c ’erano anche i nostri contatti telefonici. Ero diventata il suo punto di riferimento. Non passò molto tempo che ritornò in un altro centro di accoglienza e lì, un giorno, mi raccontò la sua storia con un senso di pudore, che si notava dal tenere la testa abbassata mentre parlava, cosa insolita.

Purtroppo nelle bambine abusate, e ancor più nell’incesto, aumentano i sensi di colpa, come se fossero loro responsabili di quanto accaduto, crescono con bassa autostima, con la convinzione di non valere, e quindi intraprendono rapporti continui con uomini sbagliati.

Succede che, dopo una vita disgregata, quando, finalmente, si riesce a raggiungere un po’ di serenità, le ferite si riaprono e il passato fa capolino con i suoi fantasmi. Infatti oggi Carola mi racconta dei suoi enormi disagi: ha paura di stare al buio la notte e, difficilmente, riesce a dormire; è assalita da continui stati di ansia e da tanti altri malesseri che si sommano a quelli fisici. Mi telefona, spesso, verso le 11 di sera per chiacchierare un po’, e torna sempre a parlare della madre che da piccola non l’ha protetta e dei suoi figli che non l’hanno voluta più vedere.

Non è facile scrollarsi di dosso un passato così inquieto, né potrà mai recuperare gli anni della sua vita smarrita. Sono stati pesanti i fardelli che Carola ha dovuto reggere, sin dall’età di 8 anni... ferite dell’anima e del corpo: l’infanzia violata, l’abbandono da parte di chi doveva proteggerla, la strada e tanta solitudine intorno.

Sono nata in una famiglia povera e numerosa dove a comandare erano i miei fratelli, perché mio padre era andato via. A 8 anni uno di loro iniziò a violentarmi. Impaurita e piena di rabbia verso mia madre che, nonostante sapesse tutto, non mi proteggeva, a 12 anni decisi di scappare. Iniziai così a quell’età la vita di strada e, nel mio girovagare senza meta, mi imbattei in uomini che, vedendomi sola e confusa, approfittarono di me.

Sono stata fermata dalla polizia che mi voleva riportare a casa, ma ho spiegato tutto e mi hanno inserita in un centro per ragazze in difficoltà.

A 16 anni sono rimasta incinta e quando nacque la bimba, mia madre mi riportò a casa, ma qui gli abusi iniziarono di nuovo, nell’indifferenza totale dei miei familiari. A questo punto decisi di scappare di nuovo e sono andata in un altro paese, da alcuni parenti.

Verso i 20 anni ho conosciuto un uomo, ci siamo sposati, e ho avuto 4 figli. Non trovando lavoro, io e mio marito decidemmo di lasciare la Sicilia e di trasferirci al Nord. Il matrimonio procedeva tranquillo. Dopo 10 anni, lui perse il lavoro, iniziò a bere e a diventare violento. Picchiava me e i bambini, tanto da ricorrere, continuamente, al pronto soccorso. Anni di litigi, maltrattamenti e denunce. Alla fine lui decise di andarsene, e mi sono ritrovata di nuovo sola, senza soldi, senza casa.

I figli li ho dovuti mettere in un istituto e sono ritornata in Sicilia, nei dormitori o alla stazione. La strada era diventata per me quasi una liberazione, visto che in famiglia non avevo trovato affetto, rispetto e protezione.

Nell’ultima struttura dove ho alloggiato, ho conosciuto Marco, anche lui ospite dopo anni di strada. Tra di noi è nata una storia d’amore coronata dal matrimonio.

È un uomo buono Marco e mi vuole veramente bene. Conoscendo il mio passato cerca di darmi quel poco che ha, ma quello che conta è il suo rispetto nei miei confronti, tanto che, dopo un po’ di tempo, mi ha portato a vivere in una casa di sua proprietà, dove prima abitava la sua ex moglie. Lui si preoccupa se sto male e mi aiuta in tutto, perché io anche se non sono vecchia come età, non sto bene di salute, ho difficoltà anche a camminare.

Una vita dura la mia, ma le più grandi ferite, quelle che non guariranno mai, sono state procurate, sin da piccola, da mia madre e dai miei fratelli, e poi dai miei figli. Nessuna comprensione da parte loro e nessun rimorso.

Oggi prego il Signore di avere Marco con me fino all’ultimo respiro.

Rosanna Affronte