· Città del Vaticano ·

Suor Maria Laura voleva fare la missionaria e la sua missione l’ha trovata per le strade di Roma

Quando quella ragazza impaurita ha bussato alla mia porta

 Quando quella ragazza impaurita ha bussato alla mia porta   ODS-019
02 marzo 2024

Un cancello grigio, una rosa che si scorge in un piccolo giardino, pochi gradini da scendere per arrivare alla porta aperta da suor Maria Laura Meccola, 80 anni, responsabile di una casa-famiglia per donne che si trova non lontano dal Vaticano. Minuta, sorridente, racconta che a soli 10 anni, su sua grande insistenza e grazie ad uno zio, è entrata nelle Suore della Sacra Famiglia di Spoleto, l’istituto religioso fondato dal beato Pietro Bonilli nell’800, lasciando la famiglia in Puglia e seguendo quel desiderio che le si era acceso nel cuore fin da piccolissima, ovvero andare in missione. Pur avendo ampia scelta, perché le suore sono presenti in Africa, in America Latina e in Asia, suor Maria Laura resta in Italia, prima a Vicenza e poi a Rozzano dedicandosi ai bambini e alla vita parrocchiale.

Sedici anni fa viene inviata a Roma in una casa-famiglia. «La prima cosa che mi sono chiesta è stata: che cosa è una casa famiglia? Come posso essere utile?», spiega suor Maria Laura, che racconta il suo disorientamento iniziale anche di fronte a Roberta, una ragazza che si chiudeva spesso in camera. «Avevo paura che accadesse qualcosa di grave, vivevo con questo timore. Una sera, nella mia prima settimana, bussa alla porta una giovane che diceva che la stavano cercando i carabinieri perché aveva danneggiato la macchina di un ministro. Avevo il cuore in gola, ho chiesto aiuto ad altre consorelle e abbiamo deciso di farla restare».

Lì suor Maria Laura comincia a capire la sua missione, «ad innamorarsi — dice — di questo lavoro», comprende di dover essere madre di donne in difficoltà, di stare accanto a chi fatica a raccontare la sua storia, di dover essere vicino senza chiedere e aspettare che la fiducia reciproca cresca.

Oggi, nella Salita Monte del Gallo, ci sono 6 stanze, tutte con il bagno. «Qui si vive come in casa, si fa la colazione, c’è chi va al lavoro, chi resta per studiare, chi pranza con noi e poi aiuta a mettere in ordine». Insieme a suor Maria Laura ci sono suor Maria Grazia e suor Agostina, lei ha vissuto quasi dieci anni nella Repubblica Democratica del Congo e oggi continua a lavorare con i profughi e nella parrocchia di via Gregorio vii .

Da quando questa casa è stata aperta, sono passate circa 245 donne, c’è un registro che suor Maria Laura compila ogni volta e che lo attesta, il tempo di permanenza è di 3-6 mesi, ma ci sono persone che sono rimaste anche un anno. Qui si bussa alla porta e si entra, in passato il Comune di Roma, grazie al progetto “Roxanne e Oltre”, aveva portato donne vittime di tratta. Il loro dolore ancora scuote suor Maria Laura, ma cambia umore quando parla della visita di Genziana, una ragazza ospitata per un anno, che oggi ha un lavoro e una casa. «Molte si ricordano del bene ricevuto e ci chiamano spesso per aggiornarci sulla loro vita».

Parliamo in un piccolo salone, su un tavolo c’è un vetro attraverso il quale si vedono centinaia di foto di mamme con bambini in braccio, donne di nazionalità diverse, in una superficie insomma c’è tutta la storia di questa casa. C’è la vita di una giovane a cui hanno tolto il bambino e che ancora oggi cerca, pur essendo diventata di nuovo mamma; c’è la storia di Emi che arriva dal Madagascar in Italia, si innamora di un uomo, nasce Giulia e poi scopre che lui ha altri figli in Pakistan. La delusione cede il passo alla rinascita che passa sempre dall’amore: stavolta ha gli occhi di un uomo che non inganna e che ad Emi ridona felicità. Poi c’è una giovane colombiana che chiama suor Maria Laura ogni settimana, è scappata dalla fame e in Italia arriva per aiutare la sua famiglia poverissima. Trova la strada, trova minacce, ma anche un uomo che la vede piangere e per questo la salva portandola dalle suore.

È un approdo questa casa, in passato molto rumorosa, mentre oggi, confessa la religiosa, il Covid ha reso tutte le donne più chiuse e riservate. La missione di suor Maria Laura ha comunque toccato il mondo e le sue piaghe, lei con amore di madre ha cercato di curare le ferite di tante donne che dice di sentire «come figlie». «Prima di andare via, ho sempre chiesto di scrivere qualcosa su questa esperienza e in tante lo hanno fatto. “Qui ho trovato la vita”: è la cosa che ho letto spesso» ed è forse il senso di tutto.

di Benedetta Capelli